La cronaca nera della Confederations: la morte di Foe

La storia della Confederations Cup ha purtroppo una terribile macchia nera che va a contrastare con le belle favole offerte dal calcio: si tratta della tragica fine di Marc Vivien Foe, deceduto in campo nel bel mezzo della partita giocata a Lione tra Camerun e Colombia.

Era l’edizione del 2003, ancora la competizione non aveva il ruolo attuale di prologo dei Mondiali e quindi anziché disputarsi nell’anno precedente alla Coppa del Mondo in casa del futuro paese ospitante era una manifestazione autonoma che andava in scena negli anni dispari per sopperire l’assenza di grandi manifestazioni.

Nel 2003 il torneo fu ospitato dalla Francia e la grande sorpresa del girone era il Camerun, capace di eliminare il Brasile campione del Mondo durante la fase a gironi. Dopo il gironcino che vide i Leoni Indomabili battere la stessa Seleçao grazie al gol di un giovane Samuel Eto’o giunse il tempo delle semifinali dove il Camerun fu accoppiato con la seconda dell’altro girone, la Colombia.

E qui entra in gioco la storia di Foe. La cornice è la Gerland di Lione, non un palcoscenico qualsiasi per il protagonista di questa storia che un anno prima proprio in quello stadio si era laureato per la seconda volta in carriera campione di Francia (la prima nel 1997 con il Lens) con la maglia dell’Olympique Lyonnais, squadra dove sarebbe dovuto tornare a giocare dopo l’esperienza in prestito al Manchester City. Lione è la città del suo destino, purtroppo in tutti i sensi: nell’estate del 2000 rifiutò un trasferimento al PSG perché la ragazza non voleva andare a vivere a Parigi e così scelse di andare a giocare alla Gerland, il posto dove il suo cuore batterà per l’ultima volta.

Foe ha dei problemi cardiaci che non scoprirà mai di avere e che solo l’autopsia ci rivelerà successivamente. Prima c’è una semifinale da giocare per portare per la prima volta il Camerun in finale in un torneo fuori dall’Africa. E i Leoni quella partita la stanno vincendo per 1-0 sotto un caldo torrido di un’estate che in quell’anno ha scatenato il meglio di sé tanto da rimanere a lungo la stagione estiva più calda di sempre.

Il clima è quasi invivibile per una partita che è cominciata alle 18.00 e il Camerun è persino in dieci uomini per l’espulsione di Tchato. Gli sforzi fisici sono notevoli e al 17′ del secondo tempo dopo un contrasto aereo con Ivan Ramiro Cordoba, sì quel Cordoba, il cuore di Foe non regge e cade assieme al robusto corpo del centrocampista camerunese.

Foe è caduto e non si rialzerà più. ha le braccia larghe, le gambe una sopra l’altra e gli occhi che fissano il vuoto. I calciatori, Cordoba in primis, tentano di aiutarlo con qualche manovra come aprirgli la bocca, sollevargli la nuca, ma sarà tutto inutile.

Viene trasportato d’urgenza in ospedale, perché l’impressione è quella di una situazione grave ma non critica. La partita continua, il Camerun vince e va in finale ma al ritorno negli spogliatoi la notizia è ufficiale: Marc Vivien Foe è morto. Lo stadio che lo ha visto diventare campione di Francia lo osserva mentre spende i suoi ultimi respiri nella scena sicuramente più triste della storia della Confederations Cup.

Sarà una tragedia epocale per il calcio africano ma anche per quello mondiale in generale. La nazionale camerunese sarà sconvolta ma giocherà (e perderà) comunque la finale contro la Francia che in rosa ha Gregory Coupet, suo compagno di squadra al Lione, terribilmente triste per la perdita di un amico.

Un attacco cardiaco ha fermato la vita di un calciatore: da quel giorno in poi verranno rafforzati i controlli cardiaci e alcuni di questi bloccheranno trattative già concluse come per esempio quella di Fadiga all’Inter ma per il povero Foe non si è potuto più far nulla.

Oggi comincia la Confederations Cup ed è doveroso ricordare chi per quella coppa ha davvero messo la vita in campo.

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