Non è la vittoria il vero colpo di scena: la confessione di Marquez gela la MotoGP

Marc Maquez

Marc Maquez. - @ANSA

Luca Antonelli

Settembre 29, 2025

Dopo anni di cadute e operazioni, Marc Marquez torna re: “Ho fatto tanti errori, ora sono in pace con me stesso”

Il Gran Premio del Giappone a Motegi ha chiuso un cerchio iniziato anni fa: Marc Marquez è tornato sul trono della MotoGP, ha ammesso i propri errori, ha ringraziato chi lo ha sostenuto e ha pronunciato le parole che pesano come un titolo: “Sono in pace con me stesso”. Un successo che vale un settimo titolo nella top class (nono complessivo) e che riscrive la narrativa di una carriera passata dalla gloria alla sofferenza e di nuovo alla vetta.

Motegi, la resa dei conti: dagli errori alla pace e il valore di quelle parole

Il contesto sportivo e umano che sfocia nella notte di Motegi è la somma di anni di fratture, ricadute, visioni doppie, riabilitazioni infinite, ripartenze affrettate e ripensamenti. Marquez ha chiamato per nome il tema che lo ha accompagnato nel suo percorso: gli errori — errori di valutazione, di tempi, di gestione del corpo e dell’ego agonistico. In pubblico, dopo il traguardo, non ha lucidato la cronologia: ha ammesso la fragilità e la paura, trasformandole in carburante competitivo. Ed è qui che l’espressione “pace con me stesso” diventa la chiave narrativa del suo ritorno: non una negazione del passato, ma la sua integrazione. Dentro questa accettazione c’è la maturità dell’atleta che non finge invulnerabilità, riconosce i limiti e li riorganizza in un percorso metodico e sostenibile.

Marc Marquez
Marc Marquez, vince il nono titolo in motogp. – @ANSA

Il gesto sportivo — anche accontentandosi di un secondo posto — è fondamentale, ma ancor di più lo è la regia emotiva dietro la gara: Marquez ha raccontato di aver avuto difficoltà persino a respirare prima della partenza, di aver pianto all’ultimo giro e di aver ringraziato famiglia, box e rivali. In pista, invece, ha saputo amministrare: gestire la gomma, leggere le traiettorie, scegliere i duelli da affrontare e quelli da evitare. Non ha cercato di attaccare sempre, ma ha attaccato quando serviva.

C’è infine la dimensione simbolica: il settimo iride MotoGP arriva proprio in Giappone, teatro storico della Honda. Un luogo che aveva segnato ferite torna ora a essere palcoscenico di riconciliazione. Il cerchio si chiude: il pilota che ha sofferto torna al massimo livello indossando la livrea Ducati. Il suo ritorno non è nostalgia, ma presenza: la leadership è tangibile, radicata. Quando pronuncia “ero Marc contro Marc”, spiega che la vittoria non è solo un numero, ma un metodo, un’identità che ha attraversato il conflitto.

Le chiavi tecniche del trionfo: Ducati, gestione della gara e nuova grammatica del rischio

Il mondiale si vince nella somma delle sezioni: sprint, gran premi, punti “in difesa” e punti strappati “in attacco”. La Ducati ha messo a disposizione di Marquez una piattaforma tecnica ad alta aderenza meccanica, con aerodinamica evoluta e sistemi avanzati di trazione, anti-impennata e freno motore. Questa moto consente di “spendere” il talento in modo selettivo. Il Marquez 2025 ha dovuto adattare il proprio stile: meno sovrasterzo spettacolare, più pulizia d’ingresso e cura dell’uscita dove la Desmosedici trasferisce la coppia al suolo. Ha lavorato intensamente su consumi, temperature, pressioni e su una mappa mentale che gli impone di non essere sempre il primo in ogni settore, ma il più efficiente sulla distanza.

A Motegi si è visto il compendio: partenza reattiva, consolidamento nel gruppo di testa, gestione accorta della gomma posteriore e margine sufficiente per rispondere ai picchi degli avversari. La presenza di un compagno competitivo come Bagnaia ha aggiunto un livello di tattica di box: riduzione dei rischi, ottimizzazione dei tempi sul giro, evitare escalation inutili quando il titolo era già a portata con un piazzamento. Non è stata una gara di pura aggressività, ma una gara di lettura dei momenti.

La gestione del rischio è l’ingrediente più sottovalutato. Il Marquez pre-infortuni era maestro nell’arte del limite; il Marquez post-infortuni è un curatore del limite. Scegliere quando attaccare, quando attendere, quando perdere un decimo per salvarne cinque sul finale: questa è la nuova consapevolezza. Ammettere che il campionato si può vincere anche “controllando” è un atto di saggezza. E nel 2025, contro rivali come Bagnaia, Acosta, Mir e Alex Marquez, la somma delle micro-decisioni vale quanto il picco prestazionale.

Cosa cambia ora: record, rivalità e impatti futuri

Il titolo di Motegi non è un caso isolato: ridisegna la gerarchia e rilancia la narrativa tecnica della MotoGP. Con sette titoli nella top class (nove complessivi), Marquez entra in una zona record, affiancandosi ai grandi della storia: il confronto con Valentino Rossi non si esaurisce nei titoli, ma si sposta su traiettorie più sottili — la capacità di ritornare dopo anni di difficoltà è una misura che va oltre i numeri. Il paddock dovrà fare i conti con il fatto che il “capitale competitivo” di Marc non è svanito: ha cambiato forma, si è evoluto grazie a tecnica Ducati e a un’etica del lavoro che riduce la distanza tra rischio e rendimento.

Per i costruttori, il 2025 certifica quanto la piattaforma Ducati sia potente e quanto sia centrale l’innovazione nei sistemi elettronici, nei software ride-by-wire e nell’aerodinamica. Per i rivali, in particolare KTM e Honda, si apre immediatamente il dossier della ripartenza: serve un pacchetto che restituisca grip in accelerazione, stabilità in frenata e margine di setup ampio su piste diversificate. L’effetto indotto è duplice: accelerazione dell’innovazione e richiesta di piloti con competenze tecniche e sensibilità dati sempre più elevate.

Sul fronte delle rivalità, questo titolo riaccende stagioni: con Bagnaia nasce una dialettica di rispetto e competizione che potrà guidare il biennio a venire; con Acosta è scontro generazionale; con Alex Marquez è la storia di un fratello che vuole misurarsi col mito. Per i giovani, il messaggio è quasi pedagogico: accettare gli errori, dilatare i tempi del ritorno, coltivare la pazienza. Per i tifosi, è un romanzo sportivo completo fatto di caduta, dubbio, resilienza, crescita, vittoria. E per la MotoGP, è un rilancio mediatico globale: il campione che torna è una storia che supera le nicchie e porta la disciplina ai margini dell’immaginazione sportiva.

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