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Cinque giocatori ex Porto che non ricordavi in Serie A

La stagione 2021-22 del Milan sta avendo un doppio volto. In Serie A il Diavolo sta volando a pieno ritmo, avendo perso solamente due punti in tutto il campionato e risultando in vetta assieme al Napoli, ma in Champions è tutto il contrario. Il ritorno nella massima competizione continentale ha per ora portato con sé solamente tre sconfitte e un ultimo posto che sembra ormai tagliare fuori i rossoneri dagli ottavi di finale e questa sera a San Siro con il Porto ci sarà l’ultima chiamata possibile per passare al turno successivo. I lusitani sono squadra di grande tradizione e nella loro storia hanno avuto diversi giocatori passati per la Serie A, anche se per questi cinque non fu un percorso glorioso.

 

JORGE ANDRADE
Difensore simbolo del calcio portoghese all’inizio del nuovo millennio Jorge Andrade ha però sempre dato l’idea di essere un eterno incompiuto. Difensore solido e con grande senso della posizione ha mancato forse di quella personalità giusta per diventare un cardine del reparto arretrato. Dopo gli inizi molto positivi nel piccolo Estrela Amadora nel 2000 venne chiamato al Porto. Gli anni a Oporto furono molto positivi a livello personale, ma meno a livello di squadra. Andrade riuscì a debuttare in nazionale nella disastrosa trasferta parigina con la Francia, persa per 4-0, ma non riuscì mai a vincere un titolo portoghese. Le sue prestazioni non passarono però inosservate e nel 2002 passò nella vicina Galizia al Deportivo la Coruña. Appena arrivato vincerà una Supercoppa di Spagna, che rimarrà il suo unico trofeo, prima di disputare cinque anni felici ma che nell’ultimo periodo fu molto duro. Il 5 marzo 2006 si ruppe il tendine rotuleo contro il Barcellona e da di fatto finì la sua carriera. Provò nel 2007 a rimettersi in gioco con la Juventus neopromossa di Claudio Ranieri, ma dopo quattro partite non eccellenti a Roma si ruppe la rotula del ginocchio sinistro e da lì diede addio al calcio.

 

 

 

MARIO BOLATTI
L’uomo che salvò Maradona, il giocatore che segnò un unico gol in Nazionale ma fu fondamentale per la qualificazione a Sudafrica 2010. Mario Bolatti ha rappresentato perfettamente l’emblema del giocatore sudamericano grande nel proprio continente ma incapace di sfondare in Europa. Dopo aver esordito nelle fila del Belgrano a 22 anni fu portato nel Vecchio Continente dal Porto ma in biancoblu le cose non andarono bene. Trovò poco spazio e non fu mai in grado di meritarsi il posto da titolare, ma nell’estate 2008 non riuscì a trovare una squadra e rimase sei mesi a Oporto senza mai giocare. Tornò all’Huracan dove conquistò la nazionale e i Mondiali del 2010 prima di riprovare l’esperienza europea nella Fiorentina, ma anche qui le cose non andarono bene. El Gringo non convinse nemmeno in Toscana e dopo un solo anno tornò in Sud America, questa volta all’Internacional dove inizierà una lunga sponda tra Argentina e Brasile e prima di chiudere gioca nella seconda serie argentina con il Boca Unidos.

 

 

 

JUAN ESNÁIDER
In Spagna ha girato molte squadre e in tutte ha lasciato un buon ricordo, ma in Italia le cose andarono molto male. Juan Esnáider è nato in Argentina ma a diciotto anni venne portato in Europa dal Real Madrid per giocare con la squadra B e diventare un giocatore di primo piano tanto da guadagnarsi la prima squadra. Con i Blancos però non giocò molto e venne ceduto al Saragozza dove vinse una Coppa delle Coppe nel 1995 segnando in finale contro l’Arsenal. Tornò al Real, ma al Bernabéu fallì ancora e così furono i cugini dell’Atlético a tesserarlo e con i Colchoneros ritornò grande. Sedici gol in Liga, ma un pessimo rapporto con il tecnico Radomir Antić lo costrinse a fine anno a lasciare la Capitale per andare a Barcellona, sponda Espanyol. Il numero di reti iniziò a diminuire, ma nonostante questo Carlo Ancelotti vedeva in lui una buona alternativa in attacco e lo fece acquistare dalla Juventus, ma a Torino non lasciò buoni ricordi segnando solo due gol tra Coppa Italia e Coppa Uefa rimanendo a zero centri in Serie A. Tornò dopo un anno a Saragozza ma da qui iniziarono vari problemi fisici e la prima tappa che gli fece capire che era tempo di smettere fu il Porto. I Dragoni lo acquistarono nell’estate 2001, ma giocò la miseria di tre partite nel solo girone d’andata senza mai andare in gol, prima di tornare in Argentina e ritirarsi a trentadue anni quando vestiva la maglia del Newell’s Old Boys.

 

 

 

MARIANO GONZÁLEZ
Fratello maggiore di quel Pablo González che tanto fece bene con il Novara, Mariano González era un’ala d’altri tempi. Tutto corsa, dribbling e cross, il tiro era secondario, ma nei suoi anni migliori fece vedere grandi cose. Iniziata la sua carriera ad Avellaneda con il Racing riuscì a guadagnarsi l’attenzione dell’Argentina e a essere convocato in nazionale per le vittoriose Olimpiadi del 2004 dove realizzò uno dei gol decisivi contro l’Italia in semifinale. E fu proprio il Belpaese la sua meta successiva e il neopromosso Palermo riuscì a portarlo in Sicilia. La difficoltà nel trovare la via del gol non gli impedì di mettersi in mostra e diventare uno dei pezzi pregiati del nostro campionato e nel 2006 venne preso in prestito dall’Inter. Con i nerazzurri vincerà lo scudetto, ma a Milano non riuscì a imporsi, chiuso da un certo Luís Figo e la sua esperienza meneghina durò solo un anno. Salutò l’Italia e se andò al Porto per continuare a giocare in Champions League e al “Do Dragão” passò quattro grandi stagioni, dove divenne titolare fisso e riuscì al termine della prima stagione a riottenere la chiamata dell’Argentina per un’amichevole contro la Bielorussia. Con l’arrivo di Villas Boas iniziò a giocare meno, ma riuscì comunque a essere nella squadra che vinse l’Europa League del 2011, anno in cui lo vide tornare in Argentina all’Estudiantes, primo di una lunga serie di trasferimenti.

 

 

 

PABLO DANIEL OSVALDO
Attaccante forte fisicamente, dotato di grande classe che gli permetteva di segnare in tutti i modi possibili, diventando soprattutto celebre per le sue splendide rovesciate. Pablo Daniel Osvaldo è stato un grande talento del calcio internazionale, ma un carattere spesso sopra le righe lo ha costretto a una carriera non di primissimo piano. In Argentina si fece apprezzare già molto giovane con la maglia dell’Huracán e questo convinse l’Atalanta a portarlo in Europa. A Bergamo però era solo un giovane e per questo venne spedito a Lecce, prima di essere acquistato dalla Fiorentina nel 2007 diventando l’uomo della Champions. Un anno deludente a Bologna prima di esplodere definitivamente nell’Espanyol e tornare in Italia da grande bomber. Con la Roma ha vissuto i suoi anni migliori, ma dopo due anni è stato costretto a cambiare squadra passando al Southampton, prima del ritorno in Italia alla Juventus dove è diventato prezioso uomo di Coppa e mattatore della sfida all’Olimpico proprio con i giallorossi. Dopo sei mesi passò all’Inter dove si rese protagonista dello storico litigio con Icardi che ne limitò la carriera in nerazzurro e dopo un passaggio al Boca Juniors, fu il Porto a riportarlo in Europa nel 2015. Con i Dragões segnò il suo ultimo gol tra i professionisti contro il Belenenses, prima di tornare in Argentina e chiudere con il Banfield.

Francesco Domenighini

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