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Il Pallone d’oro sudamericano: l’83 di Sócrates

Uno degli esempi massimi di trequartisti e fantasisti brasiliani della storia, un calciatore in grado di inventare giocate favolose quasi da fermo dando l’impressione di essere di una classe superiore rispetto a tutti gli altri. Sócrates infatti era meraviglioso da vedere e da apprezzare per gli esteti di questo sport, ma di certo non veniva amato da chi in campo voleva vedere anche del sano spirito agonistico.

Nacque a Belém, nello stato del Pará nel nord del Brasile, da un padre appassionato di filosofia nonostante provenisse dalle zone più povere dell’Amazzonia. Le giovanili le passò nel Botafogo di Ribeirão Preto e vi giocò fino a ventiquattro anni. Le sue qualità erano sotto gli occhi di tutti, ma nessun squadra di blasone provò a prenderselo fino a quando non arrivò il Corinthians nel 1978 e in bianconero fece una vera e propria rivoluzione. In una nazione ancora sotto una dittatura militare cambiò completamente il modo di pensare all’interno della squadra togliendo ogni tipo di gerarchie e dando vita così alla storica Democrazia Corinthiana. Sócrates ne fu il grande promotore, dove le scelte venivano prese in blocco da tutti i giocatori rifiutando spesso le decisioni dell’allenatore. L’impatto fu devastante a livello mediatico e per molti si trattò di una prima vera forma di resistenza nel Paese. Nel 1979 intanto riuscì finalmente a essere convocato per la prima volta in una gara contro il Paraguay e due settimane dopo segnò la sua prima doppietta contro l’Uruguay. In quell’anno vinse anche il suo primo Paulistao battendo nello spareggio in finale il Ponte Preta grazie alla sua rete del vantaggio nella terza gara al Morumbi. Era nata una stella unica nel panorama calcistico Verdeoro e tale fu la sua ascesa che già dal 1980 venne nominato Capitano del Brasile. Una nomina dettata più dalla sua intelligenza in campo, e non solo, che dall’esperienza in campo internazionale, ma con lui la Seleçao giocò un calcio fenomenale. Al Mondiale 1982 la squadra sembrava essere la grande favorita e nel girone iniziale annientò come se niente fosse Unione Sovietica, dove Sócrates andò in rete, Scozia e Nuova Zelanda. Il secondo raggruppamento iniziò ancora alla grande con uno schiacciante 3-1 sui rivali di sempre dell’Argentina, ma non si erano ancora fatti i conti con l’Italia del redivivo Paolo Rossi. A nulla bastò una perfetta incursione in area del Dottore per trafiggere Zoff sul primo palo e segnare la rete dell’1-1, perché il bomber toscano si scatenò con una tripletta che condannò i sudamericani. In quell’anno riuscì però a consolarsi con il secondo titolo Paulista, ma fu nella stagione successiva che dimostrò ancora di più tutta la sua immensa classe. La Democrazia Corinthiana era arrivata al suo apice e al suo massimo splendore e Sócrates risultò essere decisivo come rare volte accadde nella storia del calcio. I bianconeri dominarono i primi turni e si ritrovarono i semifinale contro il Palmeiras. La prima sfida venne giocata in casa del Verdão e fu Baltazar a segnare la rete del vantaggio, ma nella ripresa un perfetto rigore del Dottore spiazzò João Marcos e dopo aver sbattuto sulla traversa il pallone entrò in rete. Davanti a quasi centomila spettatori al Morumbi venne giocato il ritorno quattro giorni dopo e il Capitano si inventò una rete da campione. Servito spalle alla porta saltò Wagner Bacharel e dal limite dell’area fece partire un perfetto destro all’angolino che portò all’1-0 conclusivo, decisivo per la vittoria e la qualificazione. La finale venne disputato contro il San Paolo e il numero otto risultò ancora una volta l’uomo in più. A metà del primo tempo della gara di andata entrò in area sulla destra e incrociò con un perfetto collo destro che battè un incolpevole Waldir Peres per lo 0-1 che diede un importante vantaggio ai bianconeri. Tre giorni dopo venne disputato il ritorno contro i rossoneri e lo 0-0 non voleva schiodarsi fino a quando al primo minuto di recupero Sócrates mise il definitivo punto esclamativo. Un colpo di tacco di Casagrande smarcò perfettamente il Dottore che appoggiò con il piatto destro la palla dell’1-0 che fece scattare la festa Corinthiana, rendendo inutile l’1-1 finale di Marcão. Tutti e quattro i gol più importanti per il successo erano stati segnati dall’uomo migliore dei bianconeri e la giuria del Pallone d’oro sudamericano non poté far altro che eleggerlo a migliore del Continente, arrivando primo davanti al portiere argentino Fillol e all’attaccante brasiliano Éder.

L’apice era stato raggiunto e arrivato ormai sulla soglia dei trent’anni stava iniziando un normale e fisiologico calo di rendimento. Rimase ancora un anno in quel di San Paolo prima di provare l’esperienza europea in Italia alla Fiorentina, ma in Viola fu un mezzo fallimento. Riuscì farsi notare per qualche grande colpo di tacco e alcune reti di pregiata fattura, ma il suo modo di porsi in campo risultò assolutamente inadatto e troppo lento per la Serie A. Dopo una sola stagione lasciò il Franchi per tornare nel suo Brasile, ma con Flamengo e Santos non riuscì a lasciare il segno e così si ritirò nel 1988.

Francesco Domenighini

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