
ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Contro la squadra più brillante dell’anno, la Juventus non può permettersi di sbagliare. La Champions è in bilico, il futuro pure. E io non ho più voglia di parlare di “transizione”
Si può discutere all’infinito su come ci siamo arrivati, ma il punto è che ci siamo. Domenica a Bologna, la Juventus si gioca mezza stagione. E probabilmente anche l’altra mezza.
Perché l’accesso alla prossima Champions League non è solo un obiettivo sportivo, è una questione economica, strategica e identitaria.
Se la Juve resta fuori, sarà il secondo fallimento stagionale dopo l’eliminazione sanguinosa di quest’anno. E un club che ha fatto della continuità europea la sua bandiera non può permetterselo.
Io non mi aspetto belle parole. Mi aspetto una vittoria. Sporca, brutta, sudata, come volete. Ma una vittoria.
Perché in uno stadio caldo, contro una squadra ben allenata, in fiducia, e con l’entusiasmo a mille, non ci sarà spazio per scusanti.
O si dimostra di essere ancora la Juve, o si smette di dire di esserlo.
Il Bologna vola. Noi, per ora, arranchiamo
Il paradosso è che il Bologna ha fatto la stagione che noi sognavamo in estate.
Squadra brillante, solida, affamata. Finalista in Coppa Italia, alle nostre calcagna in classifica, con un’idea chiara in campo e fuori.
E chi l’allena? Proprio quel Vincenzo Italiano che in passato abbiamo pure snobbato. Forse avremmo fatto meglio a guardarlo con più attenzione.
Noi invece abbiamo cambiato allenatore a stagione in corso, visto fallire un progetto che era stato presentato come rivoluzionario, e ora ci aggrappiamo a Tudor come fosse un salvagente.
Che qualcosa sia cambiato con lui si vede. Ma io non sono qui per dare premi di consolazione.
Se domenica non si vince, è un fallimento. Semplice. Chiaro. Irritante. Ma vero.
Tudor, la Champions e il futuro
Tudor sta provando a mettere ordine, ma l’esame vero è questo.
Il futuro della panchina passa da Bologna, non dai bei discorsi.
Se vinci e vai in Champions, allora forse ha senso parlarti di conferma.
Se sbagli questa partita, non ci sono appigli. Alla Juve si resta solo se si raggiungono i risultati. Non esiste progetto che possa prescindere da questo.
Io non voglio più vedere il centrocampo senza idee, l’attacco in letargo, e la difesa che ogni partita commette lo stesso errore.
Voglio una Juventus affamata. Compatta. Arrabbiata. Una squadra che sappia cosa significa giocare per un obiettivo che non è negoziabile.
È ora di dimostrare chi siamo
Bologna–Juventus non è una partita come le altre.
È uno snodo, un bivio, uno specchio.
Se falliamo, finiamo nel dimenticatoio di un’altra estate fatta di riflessioni e discorsi inutili. Se vinciamo, restiamo a galla.
E non mi interessa se il Bologna è più in forma, se gioca meglio, se ha entusiasmo.
Io voglio una Juve che dimostri di valere qualcosa, e non solo nei comunicati stampa.
Chi scende in campo sa che non c’è più tempo.
Niente pareggi. Niente gestioni.
Solo tre punti.
E se qualcuno non ha capito quanto conti questa partita, allora è meglio che si tolga la maglia.
Perché qui si gioca la stagione.
E chi non lo capisce, non è da Juventus.