
ANSA / NICOLA MARFISI
Dopo il 3-3 dell’andata al Lluís Companys, l’Inter si gioca domani contro il Barcellona il ritorno della semifinale di Champions League. “La stagione è arrivata al bivio. La grandezza o l’oblio. E io so da che parte stare”
Ci sono partite che si studiano, che si analizzano, che si aspettano.
E poi ci sono quelle che si sentono nello stomaco già dal giorno prima.
Inter–Barcellona, semifinale di ritorno di Champions League, San Siro, 6 maggio 2025: serve aggiungere altro?
All’andata, al Lluís Companys, è finita 3-3. Uno di quei pareggi che ti lascia addosso il sapore dolce della speranza, ma anche l’amaro della consapevolezza che i dettagli possono diventare voragini.
E allora eccoci qui. Con il destino che torna a bussare alla nostra porta. Con Monaco sullo sfondo e una sola certezza: l’Inter si gioca tutto.
“Ogni generazione ha il suo Triplete da inseguire,” scriveva un giornalista inglese dopo la nostra impresa del 2010.
La mia generazione, oggi, sogna di tornarci. Non per imitare, ma per costruire. Perché l’Inter non vive di nostalgia. L’Inter vive di fame.
Non sarà solo una partita. Sarà una battaglia culturale
Il Barcellona arriverà a Milano con il petto gonfio di orgoglio e di talento. Lo sappiamo. Lamine Yamal è l’astro nascente del calcio europeo, e l’intero impianto di Xavi è una macchina costruita per dominare, non per resistere. Ma San Siro non è un luogo che si visita in gita scolastica. È una prova di maturità.
È una camera anecoica: restituisce amplificato ogni tuo passo falso.
Io non voglio un’Inter attendista, prudente, paralizzata dal peso della posta in gioco.
Voglio l’Inter che ha osato a Monaco. Che ha ribaltato l’inerzia a Barcellona.
Voglio i leader — Lautaro, Barella, Calhanoglu — nella versione da leggenda.
E voglio che Simone Inzaghi smetta di essere “quello bravo ma…” e diventi finalmente quello decisivo.
A San Siro, davanti a 75.000 anime, non si può bluffare. O sei grande, o ti afflosci.
E io, scusate se lo dico, non sono venuto fin qui per guardare il Barça giocare.
Questa non è solo una semifinale. È una sentenza
Il calendario dice che poi ci sarà il Torino. Ma chi se ne frega.
Per una notte, solo una, il mondo si riduce a un rettangolo verde, a una maglia nerazzurra, a una Curva Nord in apnea.
L’Inter ha la possibilità di cancellare tutte le amarezze di questo aprile tremendo. Di lasciarsi alle spalle la Coppa Italia, il sorpasso del Napoli, le critiche ingrate.
Basterebbe una notte perfetta.
O anche solo una notte da Inter.
“Ci sono occasioni in cui la gloria non si cerca, si impone,” diceva il generale Masséna. E domani, la gloria bussa. Tocca vedere chi ha il coraggio di aprirle.
Nessuna paura. Solo fede nerazzurra
Io ci sarò. Con la voce, con il cuore, con la mia penna, che da anni racconta questa squadra senza tradirla.
Chi pensa che sia solo calcio, si sbaglia.
Domani sera si gioca un’identità, un senso, una storia.
Si gioca per entrare in una finale che vale tutto.
E si gioca per dire al mondo che l’Inter è tornata dove deve stare.
Senza paura, senza compromessi, senza calcoli.
Solo con l’idea che vincere non è presunzione.
È dovuto.