
Simone Inzaghi, Inter
Simone Inzaghi e l’Inter, un rapporto da analizzare al di là dei risultati. La vittoria in Champions League potrebbe capovolgere uno scenario che per ora è da profondo rosso. Supercoppa al Milan, Coppa Italia al Bologna, Napoli campione d’Italia. C’è il rischio di passare dal possibile triplete a zero titoli, ma anche una eventuale vittoria in Europa non può cambiare, per quanto sia importante, il giudizio sull’operato di un allenatore con tantissime luci e altrettante ombre nella gestione di uomini e risorse.
Inzaghi, uno scudetto da record, ma due persi
L’esperienza di Simone Inzaghi in nerazzurro è carica di trofei, ma anche di rimpianti. Ha vinto lo scudetto della doppia stella con un campionato da record, ma nella memoria restano anche i due, praticamente gettati al vento, a favore di Milan e Napoli. Il 2022/2023 e il 2024/2025 hanno come minimo denominatore uno sperpero di punti che ha favorito chi ha inseguito. Non c’è neanche l’alibi del calendario intasato: a febbraio, quando anche l’Inter ha giocato una volta a settimana, i nerazzurri hanno pareggiato con il Milan e il Napoli, perso con Fiorentina e Juventus e vinto solo con il Genoa. Una recidività preoccupante. Due indizi non fanno una prova, ma non può essere neanche casuale che l’Inter abbia vinto il campionato in cavalcata solitaria, e l’abbia perso quando è stata chiamata a giocarselo testa a testa.
Gestione di uomini e risorse sotto pressione
Il secondo punto interrogativo riguarda la gestione degli uomini e delle risorse. Inzaghi ha sposato sin dall’inizio della sua carriera il 3-5-2 e, forte dei risultati ottenuti, non lo ha mai abbandonato. Il modulo, anche dal punto di vista della produzione di gioco, spesso ha pagato, ma l’irremovibilità si è rivelata penalizzante e in qualche caso anche limitativa, specialmente in campionato. L’Inter non ha mai avuto un vero piano B, così come è stata vittima di un eccessivo turnover. Senza girarci troppo intorno, Inzaghi, sotto pressione, ha sempre avuto il suo tallone d’Achille nelle sostituzioni. Prima, effettuate in relazione ai cartellini sventolati in campo, poi stravolgendo eccessivamente la formazione iniziale vittima della presunzione di aver già portato a casa il risultato.
Il ruolo della società: rosa ampia ma non qualitativa
A sua discolpa, Inzaghi ha avuto a disposizione una rosa ampia, ma non esattamente qualitativa. Avere in panchina elementi come De Vrij, Frattesi, Pavard è un quid in più, ma è anche vero che, con tutto il rispetto per Darmian, Carlos Augusto, Asllani, Taremi, Correa, si scende di almeno due categorie rispetto a Dumfries, Dimarco, Calhanoglu, Lautaro e Thuram. L’Inter ha, di fatto, una quindicina di titolari e due o tre ricambi all’altezza. Poco, per essere competitivi su tutti i fronti. Dunque è anche compito della società trovare una soluzione. Ecco perché prima di parlare di rinnovo di contratto e futuro, appare quanto mai necessario sedersi a un tavolo e trovare un punto di incontro fra le necessità del tecnico e quelle del club, a prescindere dal risultato finale della sfida con il PSG.