I cinque giocatori più Burnley del Burnley

Sean Dyche è uno dei pochi allenatori al mondo che può vantare di avere un pub intitolato a proprio nome. D’altro canto nessuno prima di lui era mai riuscito a portare il Burnley in Europa League negli ultimi 50 anni. L’ultima partecipazione dei Clarets ad un trofeo continentale risale alla stagione 1966/67, quando furono protagonisti dell’Inter-Cities Fairs Cup, antenata dell’attuale Europa League. L’entusiasmo scatenatosi nella piccola città del Lancashire ha portato il proprietario del “Royal Princess Pub”, che si trova a pochi passi dal Turf Moor, stadio del Burnley, a rinominare il locale in “The Royal Dyche”.

The Ginger Mou, come viene soprannominato, è in effetti l’artefice principale di una stagione da sogno per il club. Dopo la promozione del 2014 e immediata retrocessione, il Burnley è ritornato subito in Premier League. Non solo per rimanerci una stagione – conquistando una salvezza tutt’altro che scontata – ma anche per centrare un settimo posto matematico che vale l’accesso ai preliminari di Europa League per la prossima stagione.

Un traguardo raggiunto non per caso, ma frutto di un’esemplare costruzione della rosa da parte del board. Di fatto il Burnley ha gli elementi ideali per poter giocare il proprio calcio difensivo e fisico di cui vi avevamo già parlato in questo pezzo alcune settimane fa. Senza stelle di primo pelo o  giocatori particolarmente tecnici, e senza nemmeno grandi nomi. I Clarets hanno la rosa perfetta per costruire il proprio gioco e la classifica lo testimonia. E ci sono cinque giocatori in particolare che, oltre ad essere stati decisivi per la stagione, rappresentano in pieno quello che è il Burnley e quella che è l’idea di calcio piuttosto unica per quanto radicale e concreta di Sean Dyche. Sono, di fatto, i giocatori “più Burnley del Burnley”.

James Tarkowski

Quando in estate il Burnley ha deciso di cedere Michael Keane all’Everton senza acquistare un sostituto affidabile, in molti hanno storto il naso. Tutti, ma non Sean Dyche, che aveva già deciso chi sarebbe stato il nuovo leader della sua difesa: James Tarkowski. Acquistato nel 2016 dal Brentford, nella stagione scorsa ha ricoperto un ruolo di riserva tuttofare. Tanto che prima di giocare la prima partita da titolare nel suo ruolo originario, quello di centrale difensivo, ha dovuto aspettare la trentacinquesima giornata. E l’infortunio di Ben Mee.

Il classe 1992 nativo di Manchester quest’anno è diventato non solo il perno di una delle migliori difese d’Inghilterra, ma anche un uomo da Nazionale. Southgate lo ha infatti convocato per le ultime due amichevoli, per capire se la sua fisicità e le sue abilità nel gioco aereo potessero tornargli utili. La risposta si avrà quando il CT deciderà la rosa da portare in Russia. Tarkowski sogna un posto, e ne ha tutte le ragioni: soltanto i problemi fisici e una squalifica gli hanno impedito di essere sempre presente quest’anno. Quando è stato a disposizione, non ha mai saltato nemmeno un minuto. Carattere, temperamento, forza, leadership, fisicità, capacità di resistere. Più Burnley di così.

Jack Cork

Mai nemmeno un minuto saltato in 37 partite e già otto volte capitano alla prima stagione. Già questo rende l’idea di cosa rappresenti Jack Cork per il Burnley. Semplicemente il prototipo di centrocampista che Sean Dyche sognava di avere a disposizione e per il quale ha speso oltre nove milioni di Euro. Una cifra non così folle, se paragonata al rendimento che ha avuto l’inglese – che, come Tarkowski, è entrato nel giro della Nazionale – nell’arco della stagione.  Si è peraltro trattato di un ritorno, ma dopo un ottimo praticantato tra Southampton e Swansea Cork ha maturato l’esperienza giusta per poter guidare il centrocampo dei Clarets.

Equilibrio, visione e posizionamento sono le caratteristiche principali che distinguono l’inglese classe 1989. La sua anima fortemente british anche dal punto di vista calcistico gli permette di essere un leader, oltre che l’equilibratore della squadra. Non ha particolari doti offensive, ma è impeccabile in fase di non possesso. Il centrocampista ideale per il Burnley e per tutte le squadre di medio-bassa classifica.

Jeff Hendrick

Hendrick è probabilmente il giocatore più importante nel gioco offensivo del Burnley. Sempre che di gioco offensivo si possa parlare, visto che i Clarets hanno il sesto peggior attacco della Premier League e vivono di lanci lunghi verso le punte e gli esterni. Ma l’irlandese svolge un lavoro di corsa e fatica per raccordare i reparti che in pochissimi possono permettersi. Gioca dietro l’unica punta, si inserisce con ottimi tempi e ha una discreta tecnica di base. Soprattutto, però, corre. Questo lo rende un giocatore da Burnley. E non è un caso se in Nazionale spesso viene schierato da esterno di centrocampo.

La duttilità è un’altra caratteristica che distingue il 26enne ex Derby County, squadra con cui ha giocato fino al 2016 in Championship, senza mai riuscire a centrare la promozione. Il passaggio al Burnley ha rappresentato una mossa azzeccata per tutti: Hendrick è riuscito a trovare spazio ad un livello a cui merita di stare, mentre Dyche ha trovato il suo trequartista ideale. Che segna poco (solo 4 gol), fa segnare ancora meno (3 assist), ma corre. Tantissimo. Alla Burnley.

Ashley Barnes

A proposito di faticatori. Scordatevi la tecnica, quando pensate ad Ashley Barnes. Uno che è finito anche sull’esterno di centrocampo nella stagione 2014/15, la sua prima in Premier League dopo aver vagato per le serie inferiori con base a Plymouth. Il motivo è molto semplice anche in questo caso: corsa, forza fisica e una straordinaria determinazione nel rincorrere l’avversario. Non è un centravanti statico, tende a svariare, ma per inseguire i terzini e aprire gli spazi ai compagni prima che per trovare lui il proprio. Anche perché raramente può essere incisivo palla al piede.

Il suo lavoro principale è quello di pressare i difensori, correre all’indietro, dare supporto alla difesa per poi rilanciarsi in avanti. Anche per questo in alcune partite Barnes ha ricoperto il ruolo di seconda punta e, in passato, di esterno. Perché è un giocatore di fatica e grinta. In questa stagione ha accumulato addirittura dieci ammonizioni, più di chiunque altro nella rosa dei Clarets. Anche questo fa parte del suo lavoro, esattamente quello che desidera Dyche da lui.

Chris Wood

Se non c’è Barnes a inseguire i lanci lunghi dalla difesa, il Burnley ha l’alternativa nella punta probabilmente più fisica dell’intera Premier League dopo Lukaku. Chris Wood, dopo le non fortunatissime esperienze tra Leicester e West Bromwich, ha finalmente trovato la sua dimensione nella massima divisione inglese. E lo ha fatto a suon di gol pesanti: nove totali, uno ogni 175 minuti spesi in campo. Un numero altissimo per un giocatore di una squadra che in stagione di gol ne ha segnati soltanto 35.

Soprattutto, però, il neozelandese garantisce impressionante fisicità e presenza sui palloni alti. Determinante sulle palle inattive e sui cross, essenziale per far salire la squadra e darle respiro nei momenti più complicati. E, da attaccante, non ha fatto mai mancare i gol, sia da titolare che da subentrante. Decisivi per una corsa all’Europa che non poteva in effetti non essere marchiata dal centravanti più Burnley di tutta la Premier League.

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