L’Italia potrebbe perdere la possibilità di ospitare Euro 2032: tra progetti in ritardo e impianti vecchi, il tempo stringe e il rischio esclusione è concreto.
L’Italia ha ottenuto la co-organizzazione degli Europei del 2032, un evento attesissimo che dovrebbe coinvolgere cinque stadi sul territorio nazionale. Ma, ad oggi, la situazione è preoccupante: la maggior parte degli impianti non rispetta i criteri richiesti, molti sono vetusti o privi delle necessarie condizioni logistiche. Solo uno — lo stadio di Torino — viene considerato pienamente idoneo. Per gli altri, la scadenza del 2026 incombe come una minaccia reale.
La fotografia attuale degli impianti italiani
Lo scenario degli stadi italiani mette in evidenza ritardi cronici, mancanza di piani esecutivi concreti e una burocrazia che sembra inceppata. Strutture storiche come San Siro, il Maradona e l’Olimpico hanno bisogno di interventi strutturali significativi. Non si tratta soltanto di ristrutturare le tribune o migliorare il terreno di gioco: mancano standard minimi in termini di sicurezza, accessibilità, tecnologia e servizi per i tifosi.

Mentre la Turchia, co-organizzatrice designata, ha già presentato un piano dettagliato per i suoi impianti, in Italia si discute ancora su quali stadi candidare. I vincoli urbanistici, le polemiche locali e l’assenza di una direzione univoca rischiano di mandare tutto a monte. In particolare, Milano e Napoli sembrano fuori tempo massimo: lo stadio milanese è in attesa di decisioni definitive sul futuro del Meazza, mentre il progetto di un nuovo impianto partenopeo non è nemmeno stato formalmente approvato.
A Roma, l’Olimpico soffre gli anni e la sua posizione al centro della capitale complica ogni intervento strutturale. In altre città come Firenze, Bologna e Cagliari, i progetti esistono ma sono lontani dall’essere concretizzati.
Rischi concreti e una corsa contro il tempo
Il termine ultimo per presentare l’elenco definitivo dei cinque stadi idonei è fissato tra poco più di un anno. Il rischio reale è che, in assenza di cantieri già avviati, l’Italia venga esclusa dalla possibilità di ospitare il torneo. Una decisione che avrebbe conseguenze pesanti non solo dal punto di vista sportivo, ma anche in termini di immagine, economia e rilancio infrastrutturale.
I segnali di allarme sono chiari. La mancanza di un progetto centralizzato, di fondi già allocati e soprattutto di un coordinamento tecnico-politico sta rallentando ogni passo. Si parla di nominare un commissario straordinario che possa velocizzare gli iter, ma questo comporterebbe anche rischi legati a trasparenza e legalità.
A complicare tutto, ci sono i contrasti tra amministrazioni locali, club calcistici e governo nazionale. Ognuno ha una visione diversa, ognuno spinge per il proprio impianto, ma senza un piano condiviso è difficile pensare che qualcosa cambi davvero. La sensazione è quella di un paese che si è entusiasmato per l’assegnazione di Euro 2032, ma che oggi rischia di lasciare tutto incompiuto.
Eppure, l’opportunità c’è ancora. Servirebbe una svolta immediata, con decisioni coraggiose, finanziamenti chiari e una regia forte. Solo così l’Italia potrà davvero essere protagonista nel 2032, e non semplice spettatrice.
