Cristian Chivu è al lavoro per cambiare il volto dell’Inter dopo quattro stagioni con Simone Inzaghi. Vuole verticalità, meno fronzoli, e una compattezza diversa. Ma, lo sappiamo, la trasformazione si vede a piccoli passi.
A San Siro l’attesa cresce, ma i risultati tardano. Cristian Chivu ha preso in mano l’Inter con l’obiettivo di cambiare pelle alla squadra, cercando meno fraseggi inutili e più verticalità. La strada, però, si sta rivelando complessa: i nerazzurri mostrano spunti interessanti ma faticano a concretizzare, lasciando tifosi e club in bilico tra fiducia e impazienza.
Cosa chiede chivu e come sta cambiando il gioco nerazzurro
A Milano, il 3 settembre 2025, il giornalista Filippo Conticello racconta un tecnico che chiede ai big un calcio più verticale e meno lezioso. Chivu ha chiesto concretezza, ritmo e movimenti immediati. Ma la squadra, dice Conticello, ancora non ha restituito quello che lui chiede sul campo. Il discorso resta chiaro: serve semplicità, pressione, uno stile concreto per scuotere l’ambiente e raccogliere risultati. La giornata di campionato non ha ancora offerto quella svolta visibile, la mossa resta in corso.

Il riferimento va a un cambio di registro netto. Le parole di Chivu fatte filtrare oggi indicano che il lavoro continua. Vuole tagliare orpelli e tornare all’essenza del gioco: possesso rapido, transizioni ben calibrate, gestione delle fasi senza lungaggini inutili. È un processo che dipende da testa, abitudine, condizione. La squadra resta sospesa tra vecchio e nuovo, cammina su due binari.
Il giudizio di sacchi: serve pazienza per la nuova inter
Arrigo Sacchi, sempre attento alla sostanza del calcio, mette in chiaro il punto: «l’Inter non è più quella di Inzaghi, non è ancora quella di Chivu». Serve pazienza, secondo l’ex ct. Serve metter radici nel pensiero tattico, prendere le abitudini, inserirsi nella mentalità. E chiosa con realismo quasi amaro: «bisogna comprare il gioco, che costa meno e non s’infortuna mai». Un’amara verità su cui riflettere mentre il progetto cresce lentamente. Sacchi usa tono schietto, senza giri di parole.
Il passaggio di testimone resta delicato. Sacchi ricorda che idee forti servono, ma le teste devono seguirle, interiorizzarle. Questo è il nodo, ad oggi: un tecnico con una visione che preme, e una squadra che fatica a farla propria.
