Il centrocampista azzurro ha parlato apertamente del rapporto con i due ex ct: clima non semplice.
Le parole sono arrivate al termine di un ritiro complicato, e non sono passate inosservate. Nicolò Barella, tra i volti più rappresentativi dell’Italia degli ultimi anni, ha scelto di esporsi senza giri di parole, lasciando emergere un malessere mai del tutto chiarito. “Con Mancini e Spalletti tante cose non hanno funzionato”, ha detto il centrocampista dell’Inter davanti ai microfoni dopo una delle sessioni a porte aperte. Una frase che ha aperto interrogativi più ampi sullo spogliatoio azzurro, sul peso delle gerarchie tecniche e sul clima interno vissuto nei cicli recenti.
Il contesto non era quello di una conferenza stampa ufficiale, ma le dichiarazioni sono rimbalzate rapidamente, trovando eco anche tra i tifosi. Non si tratta di uno sfogo, né di un’accusa diretta. Ma il tono e la scelta delle parole fanno pensare a un disagio accumulato nel tempo, probabilmente mai risolto fino in fondo. E se a parlare è uno come Barella, che ha sempre tenuto un profilo basso con la stampa, il peso del messaggio si amplifica.
Il rapporto con Mancini: aspettative alte, tensioni mai chiarite
Con Roberto Mancini, Barella ha vissuto il periodo più esaltante della sua carriera azzurra. Ha vinto l’Europeo da titolare fisso, ha segnato, ha convinto. Ma dopo il trionfo del 2021 qualcosa si è rotto. Il centrocampista sardo, che in quel gruppo rappresentava la mezzala dinamica perfetta, è progressivamente scivolato in un ruolo meno centrale, spesso limitato da richieste tattiche troppo rigide. L’Italia non è più riuscita a trovare un’identità chiara e anche i rapporti tra alcuni senatori e lo staff tecnico si sono incrinati.

Barella non ha mai esternato dissenso, ma in più di un’occasione è sembrato poco coinvolto. Mancini, dal canto suo, ha rimescolato le carte, spostando giocatori, variando moduli e lasciando spesso fuori dal campo i riferimenti del ciclo europeo. La frase di oggi sembra confermare che qualcosa si era spezzato già in quei mesi. E non a caso, quando il tecnico ha scelto di lasciare per l’Arabia Saudita, nello spogliatoio c’è stata più sorpresa che dispiacere.
Dietro la scelta di Barella di parlare oggi, c’è forse anche la volontà di raccontare il punto di vista dei giocatori su una fase storica delicata. L’Europeo resta un ricordo forte, ma la mancata qualificazione al Mondiale e la chiusura improvvisa del ciclo hanno lasciato segni evidenti. E ora, a distanza di mesi, qualcuno comincia a rimettere i pezzi insieme.
Spalletti e un dialogo mai davvero aperto: la gestione che ha lasciato dubbi
Con Luciano Spalletti, il discorso è diverso ma non meno spigoloso. Barella ha parlato di “cose che non hanno funzionato”, senza entrare nei dettagli. Ma chi ha seguito da vicino i ritiri sa che tra il ct toscano e alcuni giocatori chiave non è mai nato un vero dialogo. Il tecnico, arrivato dopo le dimissioni improvvise di Mancini, ha provato a costruire in fretta un gruppo competitivo, ma ha dovuto fare i conti con poco tempo e tanti malumori latenti.
Barella, in particolare, è stato impiegato in ruoli poco definiti. A volte più basso, altre volte costretto a giocare largo o con compiti puramente difensivi. Un ruolo lontano da quello che interpreta all’Inter, dove è libero di inserirsi, alternare le due fasi e dare ritmo. La mancanza di una posizione chiara in campo si è riflessa anche nelle prestazioni, mai pienamente convincenti. Le richieste tattiche di Spalletti, molto schematiche, hanno finito per imbrigliarlo, e il rendimento ne ha risentito.
Il ct ha spesso dichiarato pubblicamente di non voler guardare ai nomi, ma solo allo stato di forma. E questo, per molti giocatori già rodati, è stato vissuto come una forma di sfiducia. Barella non ha parlato di rottura, né di incomprensioni personali. Ma il riferimento alle “cose che non hanno funzionato” sembra rimandare proprio alla difficoltà di essere ascoltati, compresi, valorizzati. E in una Nazionale che negli ultimi anni ha cambiato tanto, ma senza una rotta precisa, l’instabilità si fa sentire anche nei dettagli.
La sensazione è che l’uscita di Barella possa aprire uno squarcio su dinamiche rimaste a lungo sotto traccia. Non un attacco, ma una fotografia sincera di un gruppo che fatica a riconoscersi. E da qui, forse, il bisogno di ricominciare da un’identità condivisa. Quella che, per ora, sembra ancora mancare.
