Dopo un avvio incerto, il centrocampo rossonero è diventato il motore tattico del Milan di Allegri. Equilibrio, filtro e qualità tra le linee. Ecco cosa sta funzionando davvero.
A inizio stagione era il reparto con più punti interrogativi. Oggi è la base su cui Massimiliano Allegri sta costruendo il nuovo Milan. Il centrocampo, da problema tattico, è diventato un’arma tecnica e strategica. Non ci sono stati rivoluzioni negli interpreti, ma una ridefinizione precisa di ruoli, spazi e responsabilità. Chi guarda le partite nota una cosa: è la mediana a dettare tempi, a fare densità, a schermare e ripartire. I numeri dicono che il Milan recupera più palloni a centrocampo rispetto a tutte le prime sei in classifica. La differenza si vede.
Il passaggio al 4-3-1-2 ibrido ha riportato equilibrio. Reijnders è l’uomo chiave, sempre nel vivo del gioco, con movimenti intelligenti senza palla e verticalizzazioni rapide. Accanto a lui, Loftus-Cheek agisce da mezzala dinamica, alternando rottura e inserimento. Più dietro, Bennacer è tornato a gestire i ritmi con continuità, garantendo ordine e copertura. Il risultato? Meno spazi concessi tra le linee, più soluzioni in fase di costruzione. In pratica, il Milan non difende più basso: respira nel mezzo e fa correre meno rischi ai centrali.
Reijnders-Bennacer-Loftus: i nuovi equilibri del Milan passano dal centro
L’identità del nuovo Milan si legge tra i piedi dei suoi centrocampisti. Il pallone viaggia più veloce, ma anche in modo più pensato. Allegri, tornato a Milano dopo l’addio di Pioli, ha preteso da subito una diversa interpretazione del ruolo. Nessuno dei tre centrocampisti si limita a fare da raccordo. Tutti devono leggere le fasi, alternarsi, coprire e cucire. E quando serve, spezzare il ritmo. La novità principale è la posizione di Reijnders, che parte da mezzala ma spesso agisce da play avanzato, portando fuori l’uomo e aprendo corridoi per gli inserimenti.

Bennacer è il perno, tornato titolare dopo l’infortunio e già insostituibile. Non forza mai la giocata, ma detta i tempi con precisione. Quando Reijnders sale, lui resta. Quando serve alzare il baricentro, accompagna. I suoi passaggi riusciti superano l’89%, segno di una lucidità che fa la differenza. Loftus-Cheek, invece, è il jolly. Spesso si inserisce in area, ma torna anche sotto la linea del pallone. Con i suoi strappi rompe la monotonia della manovra. In più, ha già firmato due gol e un assist in quattro gare ufficiali.
L’aspetto più evidente è la fluidità. Il Milan non ha più un solo regista, ma tre giocatori capaci di gestire il pallone con tempi diversi. In difesa, la copertura è garantita dal rientro continuo degli interni, che chiudono le linee di passaggio e costringono gli avversari a girare largo. Contro la Roma, il Napoli e l’Udinese, la squadra ha subito meno tiri rispetto alla media della scorsa stagione. E questo parte proprio dal lavoro sporco del centrocampo.
L’ombra lunga di Allegri: il centrocampo è il suo marchio tattico
Allegri non ha modificato l’impianto offensivo con stravolgimenti, ma ha inciso dove sa lavorare meglio: nel mezzo. Lo ha già fatto alla Juventus, negli anni d’oro, costruendo squadre solide che sapevano attendere e poi ripartire. A Milano il discorso è diverso: qui ha trovato una base tecnica di livello, su cui ha innestato concetti chiari. Il risultato è un centrocampo che sa cosa fare, in ogni momento della partita. I reparti sono più uniti, e la fase difensiva parte 20 metri più avanti.
Non è solo una questione di interpreti, ma di principi. I giocatori non pressano a vuoto, non si staccano in avanti lasciando vuoti. La compattezza è costante, anche quando l’azione si sviluppa sulle fasce. Il Milan recupera palla alto, ma non a caso: lo fa dove sa di poterla gestire subito. Allegri non chiede spettacolo, chiede ordine. E quando c’è da accelerare, lo fa con movimenti armonici. Tutto passa per il centrocampo, che ormai detta il tono delle partite.
La crescita del reparto è sotto gli occhi di tutti. E se il Milan riuscirà a mantenere questa struttura anche nei momenti più duri della stagione, sarà merito di una mediana che, senza titoli sui giornali, è diventata la vera spina dorsale della squadra.
