Italia da applausi ma fragile. Gattuso lavora sulla testa, non solo sulla tattica

Italia fragile

Gattuso durante un allenamento. - @ANSA

Luca Antonelli

Settembre 10, 2025

Cinque gol in due partite non bastano a nascondere i limiti strutturali: troppi vuoti di concentrazione e rischio costante nel finale.

Cinque gol segnati in due partite consecutive. Non era mai accaduto, almeno in tempi recenti, con la maglia dell’Italia. Eppure, dopo il pirotecnico 5-4 contro Israele, nessuno nello staff azzurro sorride davvero. Nemmeno Rino Gattuso, che pure ha incassato due vittorie preziose — prima con l’Estonia, poi in Ungheria — e ha rilanciato la Nazionale nel cammino verso il Mondiale 2026. Il problema è un altro: la sensazione che ogni match sia un’incognita, un’alternanza continua tra carattere e confusione.

La gara di Debrecen è l’esempio perfetto di quanto l’Italia possa essere brillante e disordinata allo stesso tempo. Dall’entusiasmo per il gol di Tonali all’ultimo respiro, alla paura di aver buttato tutto dopo il doppio vantaggio di Raspadori, nel giro di pochi minuti. Un copione già visto, con errori che si ripetono e momenti di blackout che mettono tutto in discussione. L’Italia segna, crea, reagisce. Ma lascia troppo. E a questi livelli, si paga caro.

Le lacune nell’approccio e la fragilità nei momenti chiave

Il nodo centrale è l’approccio mentale. Contro Estonia e Israele, la Nazionale ha mostrato lo stesso difetto: è entrata in campo leggera, poco reattiva, come se il contesto non pesasse. Contro Israele, nel primo quarto d’ora, gli errori individuali si sono accumulati. Barella ha perso due palloni sanguinosi, Bastoni si è fatto trovare fuori posizione, Mancini è apparso in ritardo, Donnarumma poco reattivo sul primo gol. Non si tratta solo di sbavature tecniche. È una questione di testa, di presenza, di tensione emotiva.

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Gattuso durante una conferenza stampa da allenatore del Marsiglia. – @ANSA

La sensazione è che l’Italia, appena sale l’aggressività dell’avversario, si trovi in difficoltà a mantenere l’equilibrio. Il centrocampo perde le distanze, la linea difensiva si abbassa, gli spazi si aprono. E anche in vantaggio di due reti, come nel caso del 4-2 firmato da Raspadori, il gruppo si smarrisce. Israele è rientrata in partita in pochi minuti. Solo un guizzo finale di Tonali ha evitato il disastro. Ma il problema resta. Il rischio è che queste amnesie si ripetano nei momenti che contano, quelli dove non puoi sbagliare nemmeno un secondo.

Gattuso lo sa. E lo ha detto chiaramente. Carattere e entusiasmo vanno bene, ma non bastano. L’Italia che vuole tornare protagonista deve avere un’altra identità, più solida, più continua. Il lavoro vero comincia ora, e passa dalla testa più che dai piedi.

Kean e Retegui funzionano, ma serve un’anima collettiva

C’è un aspetto, però, che va registrato come segnale forte: la coppia Kean-Retegui. I due si cercano, si trovano, si completano. Dopo anni passati a discutere sulla scarsità di soluzioni offensive, l’Italia sembra aver trovato due attaccanti compatibili e affamati. Il contributo in zona gol è evidente, ma anche la loro capacità di lavorare per la squadra sta emergendo. È da qui che Gattuso può ripartire.

La qualità offensiva, in questo momento, è superiore alla media. La palla gira, le occasioni arrivano, gli esterni partecipano. Ma tutto questo rischia di restare sterile senza una struttura difensiva che regga l’urto. Non è solo una questione tattica. Il problema è nell’attenzione collettiva, nel senso di responsabilità nei momenti in cui la partita può sfuggire di mano. Servono leader in campo, e servono automatismi che oggi non si vedono.

Gattuso ha davanti un lavoro lungo. Dovrà isolare i cali di tensione, correggere le letture difensive, costruire una squadra che non sia solo “prolifica e di carattere” — come nei titoli — ma solida, rognosa, dura da affrontare. Il materiale c’è, i margini pure. Ma serve tempo, lavoro e, soprattutto, risultati. Perché ogni punto ora può valere l’accesso diretto al Mondiale. E ogni errore può riportare l’Italia nei playoff, una strada che già sappiamo quanto sia pericolosa.

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