L’esordio di Igor Tudor in Champions League sulla panchina della Juventus ha subito acceso i riflettori. Pirotecnico 4-4 con il Borussia Dortmund, frutto delle scelte e degli errori del tecnico, ma anche di una impronta già chiara.
Le scelte di Tudor: fra coraggio e rischi
Tudor ha osato con una formazione iper offensiva. Scelta che ha lasciato Thuram troppo isolato nel ruolo di diga difensiva, affiancato da un Koopmeiners sempre in evidente involuzione. Una decisione coraggiosa, che ha mostrato la volontà di dare una scossa alla squadra, ma che si è trasformata in un’arma a doppio taglio. La gestione dell’olandese è stata un altro punto critico: insistendo oltre il dovuto, nonostante le palesi difficoltà, Tudor ha finito per esporre la Juventus al rischio già visto nella passata stagione, con un giocatore non ancora inserito nei meccanismi bianconeri. La sua prestazione, spenta e poco incisiva, ha reso la squadra vulnerabile, costringendola a rincorrere per gran parte della partita.
Una Juventus rinvigorita nello spirito
Le scelte iniziali, dunque, non hanno pagato sul piano tattico, pur trasmettendo un segnale chiaro: la Juve non vuole più essere attendista, ma protagonista. Nonostante i sette gol incassati tra Inter e Borussia Dortmund, la squadra ha dimostrato di essere tornata viva: non si arrende, combatte fino all’ultimo minuto e trova energie laddove sembrava esserci solo rassegnazione. La reazione vista in campo, guidata dal cuore e dalle giocate di Vlahovic e Yildiz, è la prova di una mentalità finalmente ritrovata. Più che nei risultati, la rinascita bianconera si legge nell’atteggiamento: pressing alto, aggressività e voglia di ribaltare situazioni compromesse. È questa la Juventus che i tifosi riconoscono e che da tempo aspettavano. Tudor, arrivato quasi “per caso”, ha saputo riaccendere il fuoco sacro della juventinità, restituendo al gruppo compattezza emotiva e fame agonistica.
La mancanza di equilibrio resta il nodo cruciale
Con questa intensità, la Juve può tornare a competere ad alti livelli, purché il lavoro venga consolidato con continuità e pragmatismo. La Juventus si accende in attacco, ma si spegne in difesa con amnesie letali che in Europa non vengono perdonate. Le “dormite” che hanno caratterizzato le ultime uscite non sono errori casuali, ma la conseguenza di un assetto troppo sbilanciato e di una gestione difensiva da registrare con urgenza. Subire sette gol in due partite è un campanello d’allarme che non può essere ignorato. Senza una fase difensiva solida, ogni rimonta diventa un’impresa, e ogni entusiasmo rischia di essere spazzato via al primo errore. Tudor ha compiuto il passo più difficile, restituendo identità e coraggio alla Juventus. Ora deve compiere il secondo: ridare equilibrio a una squadra che può tornare grande.
