Dopo l’eliminazione in Copa Libertadores e un rendimento altalenante in campionato, la posizione di Ancelotti al Botafogo è in discussione. Nel frattempo i Rangers stanno valutando il suo profilo come possibile sostituto.
Davide Ancelotti, tecnico del Botafogo e figlio del celebre Carlo, vive settimane turbolente: la squadra brasiliana ha subito una sorprendente eliminazione in Copa Libertadores e in campionato stenta, posizionandosi al sesto posto, insieme al São Paulo. Le voci su un possibile cambio in panchina si intrecciano con l’interesse dei Rangers, in Scozia, che valutano l’ipotesi di affidarsi proprio a lui per risollevare la stagione. In questo articolo: il quadro delle recenti performance del Botafogo; le ragioni che mettono sotto pressione il tecnico; e le implicazioni di un eventuale addio verso altri club.
Le recenti prestazioni del Botafogo: cosa non ha funzionato
Negli ultimi incontri il Botafogo ha mostrato segnali di difficoltà che non si possono più ignorare. La recente eliminazione in Copa Libertadores per mano della LDU Quito ha lasciato soprattutto delusione: una squadra che ambiva a fari internazionali si è trovata spiazzata, incapace di mantenere il ritmo e la continuità richiesti da una competizione così prestigiosa. Questa sconfitta non è solo un episodio isolato, ma il sintomo di problemi più profondi.

In campionato la situazione non è molto migliore: il Botafogo è sesto in classifica, alla pari di São Paulo, con la differenza che recentemente ha perso lo scontro diretto contro lo stesso São Paulo. Queste partite testa-a-testa sono quelle che fanno la differenza sia in termini di morale che di classifica, e perdere queste occasioni compromette la fiducia sia dei giocatori che dei dirigenti. Inoltre, la squadra ha mostrato un rendimento altalenante: momenti di buona qualità alternati a prestazioni approssimative, caratterizzate da errori individuali, scarsa gestione delle fasi finali delle partite, e difficoltà nell’imporre gioco contro avversari che difendono bene o pressano alto.
Un altro elemento da considerare è la coerenza tattica: spesso il Botafogo ha peccato nella capacità di reagire quando la partita si complica. Si vedono problemi di equilibrio tra attacco e difesa; la transition difensiva è lenta, il centrocampo fatica a collegare con continuità le fasce, e il pressing avversario crea disordinamento. Se da un lato ci sono stati momenti in cui la squadra ha mostrato qualità, soprattutto nei singoli, dall’altro manca una tenuta mentale e collettiva nei momenti decisivi. È in queste fasi che un allenatore può fare la differenza, gestendo al meglio le risorse, le rotazioni e le strategie, ma finora non sempre Ancelotti è riuscito a trovare la quadra.
Perché la panchina traballa: fattori interni ed esterni
La pressione su Davide Ancelotti non nasce soltanto dai risultati negativi, ma da una combinazione di fattori interni ed esterni che rendono la sua posizione sempre più instabile.
Fattori interni
All’interno del club si percepisce che le aspettative erano più alte. Il Botafogo è una squadra con storia e ambizioni, e l’investimento fatto a livello tecnico e dirigenziale non può coesistere a lungo con molteplici passi falsi. I giocatori più esperti sembrano alternare momenti di leadership e momenti di disorientamento, e questo reca frizione: quando una squadra non risponde bene in termini di gioco e atteggiamento, il rapporto fra tecnico e squadra può incrinarsi.
In più, le rotazioni, le scelte tattiche e la gestione dei momenti più complessi delle partite sembrano non aver convinto del tutto il cda. Esistono dubbi se Ancelotti stia riuscendo a trasmettere equilibrio mentale e continuità, fondamentali per una stagione che ha ancora molti impegni.
Fattori esterni
I risultati sono sotto gli occhi di tutti, ma la competizione esterna – in particolare l’interesse che alcuni club mostrano – accentua la fragilità della panchina. È il caso dei Rangers, squadra scozzese che attraversa un momento difficile: sono decimo in campionato dopo cinque giornate, con soli quattro punti messi insieme, e l’eliminazione nei preliminari di Champions pesa non poco sul progetto. Il nome di Ancelotti emerge come possibile sostituto del tecnico attuale, Russell Martin, la cui posizione è anch’essa oggetto di critica.
L’interesse esterno funziona da elemento di pressione: non è solo la paura di cambiare che preoccupa, ma anche la consapevolezza che altri club, in situazioni complicate, possano guardare al suo profilo. Questo può generare distrazione, instabilità psicologica, e – in certi casi – indecisioni nel rispondere in maniera compatta ai momenti difficili.
Scenari futuri: se Ancelotti lascia, quali opzioni e cosa potrebbe succedere
La domanda che oggi molti si pongono è: e se Davide Ancelotti non fosse più l’allenatore del Botafogo? Quali sarebbero gli scenari possibili, e come potrebbero reagire sia il club brasiliano che lo stesso tecnico? Ecco le ipotesi più probabili.
Rientro anticipato dai sudamericani
In uno scenario in cui Botafogo decidesse per un cambio, il club dovrebbe valutare tempestivamente alternative che possano garantire continuità di visione e rapidità di adattamento. Potrebbe puntare su un allenatore già esperto nei campionati sudamericani, con conoscenza del calcio brasiliano, della Libertadores e delle dinamiche locali. La scelta potrebbe ricadere su nomi emergenti o figure già presenti nello staff che conoscono bene la rosa.
Approdo in Europa: opportunità per Ancelotti
Se l’interesse dei Rangers dovesse concretizzarsi, per Ancelotti sarebbe un salto importante: passare da un campionato sudamericano a uno europeo, con pressioni diverse, aspettative alte e un ambiente mediatico più vicino. I Rangers sono un club storicamente prestigioso, ma in crisi di risultati: il tecnico dovrebbe riuscire a impattare subito, mostrando sicurezza nelle rotazioni, solidità difensiva e capacità tattica nel fronteggiare campionato e coppe nazionali ed eventualmente europee.
Rischi e costi di un cambiamento
Per Botafogo il momento non è facile: cambiare allenatore comporta sempre rischi, in particolare nel breve termine. Serve un periodo di assestamento, e se il sostituto non riesce ad imprimere subito una svolta, la stagione rischia di compromettersi su diversi fronti (campionato domestico, coppe, immagine). Anche per Ancelotti, accettare una sfida europea implica adattamento veloce e capacità di reggere le pressioni. Inoltre, la possibilità di fallire in Europa può influire sulla reputazione in modo diverso rispetto a un insuccesso in Brasile.
