Il presidente non parla, la squadra affronta tensione e restrizioni: la Roma lotta tra investimenti, norme Uefa e un derby che può decidere molto.
Nei giorni che precedono il derby contro la Lazio la Roma si trova in bilico tra silenzi istituzionali, assenze di leadership visibile e vincoli finanziari che pesano sul mercato. Dan Friedkin, presidente del club, mantiene una posizione defilata mentre la società deve fronteggiare la sfida del fair play finanziario e l’esigenza di risultati concreti sul campo.
La figura di friedkin e la comunicazione misurata
Dan Friedkin si distingue ormai come “presidente silenzioso”. Non rilascia dichiarazioni pubbliche, evita provocazioni e rimane lontano dai riflettori in un momento caldo per ambiente, tifoseria e media. Nei suoi comportamenti emerge una scelta precisa: far parlare i fatti più che le parole. A Trigoria la sua presenza è rara, e non è confermato se sarà all’Olimpico per il derby o se seguirà la partita dagli Stati Uniti.
Questa assenza fisica non intacca però l’assetto decisionale del club. Ryan Friedkin, suo figlio e vicepresidente, assicura continuità di governo. I dirigenti operano in modo visibile, coprendo ruoli pubblici, media e sportivi. Lo stesso presidente ha già sostituito 17 figure apicali in cinque anni, segno che controlla le scelte strategiche anche a distanza.
Il silenzio diventa una vera e propria strategia protettiva: evita di alimentare polemiche e di amplificare le divisioni. Anche davanti a provocazioni esterne, Friedkin non replica. Preferisce che siano i risultati sportivi e gli investimenti strutturali a definire l’identità della società.
Investimenti, limiti economici e fair play finanziario
La Roma sotto la gestione Friedkin ha realizzato investimenti considerevoli: il progetto dello stadio di Pietralata, l’uscita dalla Borsa, spese significative per la rosa e operazioni di mercato di peso. Nel complesso, il club ha destinato oltre un miliardo di euro negli ultimi anni, cifra che alimenta aspettative crescenti.
Questi investimenti si scontrano però con un contesto normativo rigido. Il fair play finanziario Uefa e gli obblighi di bilancio impongono limiti ai ricavi, controllo dei debiti e sostenibilità. La Roma deve bilanciare entrate e costi, tra stipendi e spese infrastrutturali, pena il rischio di sanzioni. Per la società è fondamentale che gli investimenti producano ritorni sportivi e finanziari, aumentando sponsor, diritti tv e merchandising.
L’equilibrio resta fragile. Un calo nei risultati potrebbe ridurre le entrate e rendere il peso delle spese insostenibile. Friedkin sembra puntare su una crescita sostenibile, ma la pressione della tifoseria resta alta, soprattutto con il derby alle porte.
Le assenze, il silenzio pubblico e il derby come prova
Nel momento in cui il derby imminente esercita forte pressione, l’assenza di Friedkin diventa significativa. Il presidente dell’AS Roma non appare in prima fila, non rilascia commenti pubblici e non risponde alle provocazioni avversarie. Questo genera un vuoto comunicativo che alcuni tifosi percepiscono come mancanza di presenza, mentre altri lo leggono come segno di coerenza.
Le assenze dei dirigenti, le dichiarazioni pubbliche rare, consolidano il silenzio come tratto distintivo della presidenza Friedkin. Nessuna dichiarazione prima del derby, nessun tentativo di “fare rumore” mediatico, nessuna uscita ufficiale a scaldare l’ambiente.
Il derby contro la Lazio assume così valore simbolico. Sarà la prova concreta per capire se la strategia del presidente “in ombra” regge anche sotto pressione. Una vittoria convincente potrebbe trasformare il silenzio in metodo vincente, mentre una prestazione negativa potrebbe esporre la società a critiche feroci, non solo dai tifosi ma anche dai media.