Il presidente nerazzurro invita calma dopo l’avvio incerto; giovani pronti, ma San Siro fa discutere: rischio di perdere Milano se non si interviene.
L’Inter si trova di fronte a una transizione significativa: il club ha cambiato guida tecnica, e con essa sono emerse difficoltà fisiologiche che Marotta definisce normali in una fase di adattamento. A pochi giorni dalla vittoria che interrompe una serie negativa, è il momento di fare un bilancio e capire come rigenerare il progetto senza affrettare i giudizi. Questo articolo analizza lo stato attuale dell’Inter, il ruolo dei giovani, e la questione San Siro, con uno sguardo sulle strategie per superare il momento.
Fase di transizione: cosa significa cambiare allenatore
Il cambio di allenatore per un club come l’Inter non è mai una questione puramente formale: implica nuovi schemi, rapporti diversi, metodi d’allenamento che richiedono tempo per essere assimilati da squadra e staff. Marotta stesso parla di “difficoltà fisiologiche”, un’espressione che definisce come inevitabile questa fase iniziale dopo l’arrivo di Chivu, che ha ereditato una rosa con aspettative elevate. È un momento in cui ogni squadra ha bisogno di aggiustamenti: posizionamenti, automatismi, intese difensive e offensive, fiducia individuale, e una chiara visione di gioco.

Il presidente incoraggia la pazienza, facendo notare che siamo solo alla quarta giornata di campionato, che l’Inter ha già affrontato una trasferta molto impegnativa, e che il calendario non ha dato tregua. In questa fase, la prestazione non è sempre lineare, è normale alternare momenti buoni e altri più complicati, soprattutto quando si cerca di inserire giovani e dare continuità a progetti già impostati. Ciò che conta, insiste Marotta, è mantenere la cultura del lavoro e i valori: sacrificio, impegno quotidiano, consapevolezza che le difficoltà sono parte del percorso.
Inoltre, è importante interpretare le difficoltà non come segnali di fallimento, ma come elementi di una crescita. Il confronto con l’anno scorso, quando forse certi problemi non c’erano, può essere fuorviante: contesti diversi, aspettative diverse, pressioni diverse. Per Chivu è un momento chiave: impostare un’identità, far capire alla squadra come vuole giocare, trovare equilibri tra attacco e difesa, gestire le energie, soprattutto in un periodo con molte partite ravvicinate.
Infine, Marotta invita tutti — dirigenza, tifosi, stampa — a non perdere di vista l’obiettivo: riportare l’Inter al vertice. Questo non significa che ogni partita sarà perfetta, ma che serve coesione, sostegno, e la convinzione che il progetto, se ben gestito, può dare frutti nel medio periodo.
Il vivaio e i giovani: risorsa o alternativa
Una delle scelte più significative che Marotta evidenzia è il ricorso a componenti del settore giovanile, sia nello staff che in campo. Chivu, allenatore proveniente dal vivaio, e Pio Esposito, giovane talento lanciato nel gruppo, sono indicate come due espressioni di cui l’Inter va orgogliosa. Questo approccio non è solo simbolico: significa che la società crede nel valore dei talenti interni, nella loro capacità di crescere, maturare e magari diventare protagonisti.
L’utilizzo dei giovani porta con sé vantaggi e rischi. Tra i vantaggi: energia, voglia di dimostrare, minor peso di svalutazione economica, e una spinta emotiva importante. Esposito potrebbe portare freschezza, imprevedibilità, e spunti che magari i più esperti, affaticati dalla pressione, faticano a offrire. Chivu come allenatore da vivaio può avere una visione più attenta alle individualità giovani, capace di bilanciare il presente con la costruzione del futuro.
Dall’altro lato, il rischio è che i giovani siano chiamati troppo presto, o in contesti forse non ideali, e che la loro crescita venga ostacolata da risultati negativi o da pressioni esterne. Serve che la società garantisca un ambiente sereno, che non punisca gli errori giovanili ma li utilizzi come elementi di riflessione e di miglioramento. Serve anche chiarezza nello sviluppo individuale: quando un giovane viene impiegato, deve sapere cosa ci si aspetta da lui, come si muove la squadra intorno a lui, e quali sono le priorità tattiche.
In questo contesto, il vivaio diventa anche un’arma strategica: permette di alleggerire la rosa, di dare risorse in caso di infortuni, di offrire alternative diverse. Se il progetto ideato da Chivu riesce a integrare bene i giovani senza esporli troppo, l’Inter può trarne vantaggio anche in termini di identità, continuità e sostenibilità. Non solo un “ripiego”, ma una scelta consapevole.
San Siro, città e stadio in bilico
Un altro fronte delicato che Marotta apre è quello dello stadio San Siro. Definito “fatiscente” e bisognoso di manutenzione continua, lo stadio è al centro di una discussione che riguarda non solo il club ma la città intera. Marotta afferma che se le condizioni continueranno così, l’Inter – insieme al Milan – potrebbe anche valutare alternative fuori dal Comune di Milano. È una minaccia non esplicita, ma abbastanza chiara: la struttura e la gestione dello stadio non adeguata possono avere conseguenze concrete, anche sulla competitività del club.
Milano è presentata come una città con potenzialità enormi, ma che rischia di restare indietro se non si interviene. Non poter più ospitare una finale di Champions o eventi internazionali, o vedere la città esclusa dalle candidature per gli Europei, sono segnali che, secondo Marotta, vanno letti come campanelli d’allarme. Il dibattito su San Siro assume contorni politici, amministrativi e finanziari: serve innovazione, investimenti privati, collaborazione tra enti locali e club, visione di lungo termine.
La proposta è di uno stadio nuovo o almeno ammodernato, possibilmente nelle adiacenze dell’attuale San Siro, strutturalmente moderno, efficiente, capace di offrire confort agli spettatori, entrate per il club, eventi, non solo partite. Non si parla di spesa pubblica ma di investimenti privati, un aspetto che può alleggerire le tensioni politiche. Il rischio, sostiene Marotta, è che senza queste riforme si perda la dimensione urbana e simbolica che Milano ha nel calcio europeo.
Per l’Inter, uno stadio adeguato non è solo questione di estetica: incide su ricavi, su immagine, su attrattiva per calciatori e sponsor. Se gli eventi internazionali non sono più ospitati, se le infrastrutture piovose o degradate restano, l’impressione è che la società perda appeal, e questo può riflettersi anche sulla parte tecnica della rosa. È una questione che va oltre la gestione quotidiana: ha a che fare con l’identità del club, con la sua storia, con il futuro.
Cosa fare adesso: ricetta per riconquistare continuità
Date le difficoltà fisiologiche e gli allarmi strutturali, cosa può fare l’Inter subito per stabilizzare la situazione? Primo, continuare a rafforzare la fiducia nel progetto di Chivu: dargli tempo, supporto, risorse. Questo include non solo il lavoro tattico, ma anche il sostegno mentale e la gestione delle aspettative, evitando che ogni risultato negativo diventi panico. Serve continuità nel lavoro quotidiano, negli allenamenti, nelle certezze costruite dentro lo spogliatoio.
Secondo, utilizzare il calendario in modo strategico: dosare energie, far riposare i giocatori chiave quando possibile, ma anche dare spazio a quei giovani che possono contribuire. Partite meno complesse sono opportunità per testare alternative, rotazioni, modulo, senza compromettere obiettivi. Questo approccio può mitigare gli effetti del cambiamento tecnico, ridurre il rischio che la squadra arrivI mentalmente scarica alle gare decisive.
Terzo, investire in comunicazione interna ed esterna. Ai tifosi serve chiarezza: capire che le difficoltà non sono il segnale che tutto è in crisi, ma che ogni transizione ha bisogno di tempo. Il dialogo tra club, stampa, società deve essere gestito con trasparenza. Un errore comune è lasciare che le speculazioni esplodano senza una contro-narrazione efficace: Marotta sta cercando di farlo, ma serve costanza.
Infine, mettere mano subito al tema San Siro: definire un piano concreto per la ristrutturazione o la costruzione di una nuova struttura, affidabile dal punto di vista finanziario e amministrativo. Non si può rimandare ulteriormente: la competitività europea, l’immagine, i ricavi, tutto passa anche da infrastrutture moderne. Un’accelerazione su quel fronte non solo darebbe segnali forti al mondo Inter ma anche alla città: che vuole continuare a essere protagonista nel calcio internazionale.
