Edin Dzeko ha compiuto un gesto destinato a restare nella memoria dei sostenitori viola. Al termine dell’ennesima sconfitta, l’attaccante si è diretto verso il settore ospiti rompendo ogni protocollo non scritto del calcio contemporaneo.
Il gesto inaspettato di Dzeko
Mentre i calciatori della Fiorentina lasciavano il terreno di gioco con il peso delle tensioni recenti, Dzeko ha preso il megafono, ha guardato negli occhi chi aveva seguito la squadra fino a Bergamo e ha parlato come un uomo prima che un atleta, chiedendo una cosa semplice ma potentissima: vicinanza. Un atto lontano dalla retorica e dalle interviste di circostanza, un segnale concreto di responsabilità in un momento in cui serviva qualcuno che si assumesse il carico del fallimento collettivo. Se solo pochi giorni fa le sue parole post-Conferenza erano apparse ingenue e fuori tempo. Questa volta il bosniaco ha colto l’essenza del problema: una tifoseria ferita non pretende miracoli, pretende presenza. E ieri, quella presenza è arrivata.
Fiorentina, mesi da incubo
La Fiorentina ha vissuto dodici mesi da incubo. Dal malore in campo di Edoardo Bove è iniziata una parabola discendente. Nel giro di tre mesi la squadra è scivolata dal secondo all’ottavo posto, trascinata da scelte tecniche discusse, tensioni interne e un ambiente diventato via via più instabile. La virata tattica di marzo, con l’introduzione della difesa a tre, non ha prodotto gli effetti sperati. Al contrario, è stata il preludio di un finale di stagione segnato da attriti fra direttore sportivo e allenatore, culminati nella contestazione della Curva Fiesole e nelle dimissioni di Raffaele Palladino. La società ha provato a ripartire affidandosi a Pioli e investendo pesantemente nel mercato, ma il risultato è stato solo di ottenere 30 milioni di passivo.
Tra speranza e precipizio: la corsa salvezza è un’impresa
La nuova stagione ha preso da subito una piega drammatica: nessuna vittoria nelle prime tredici giornate, un dato che in Serie A non ha mai portato alla salvezza. Le dimissioni di Pradè, il successivo esonero di Pioli e l’arrivo di Vanoli hanno accentuato la sensazione di una Fiorentina fragile, smarrita e travolta dagli eventi. Il calendario che attende i viola è una salita ripidissima, ma non impossibile. Ribaltare la storia del campionato, ovvero salvarsi senza vittorie nelle prime tredici giornate  significherebbe compiere un’impresa mai riuscita a nessuno, ma le imprese nascono proprio nei momenti più bui. Tuttavia, risollevarsi non più rimandabile: da qui a gennaio si deciderà il destino di una stagione che, nel bene o nel male, la Fiorentina non potrà dimenticare.
