La scomparsa di Elio Corno, avvenuta il 9 marzo 2025, segna un momento di profonda tristezza per il giornalismo sportivo italiano, lui che è stato anche responsabile della redazione sportiva de Il Giornale e che ha poi vissuto la celebrità attraverso la sua presenza da opinionista nelle tv locali, da “Il processo di Biscardi” a “Qui Studio a Voi Stadio”, prima di sposare il gruppo 7Gold. E’, tuttavia, anche stato un personaggio controverso, non soltanto per la sua fede interista che, naturalmente, lo ha reso poco simpatico a chi quella fede non l’ha mai sposata: al di là dell’aspetto sportivo, infatti, Elio corno ha rappresentato un’epoca in cui il giornalismo fazioso ha preso il sopravvento sulla sobria cronaca, lasciando un’impronta indelebile sul panorama mediatico. È oggi quindi fondamentale riflettere su ciò che il suo lascito significa per il futuro del nostro sport e soprattutto del giornalismo.
Corno era un giornalista che si muoveva un po’ come un pugile sul ring: provocatorio, a volte sopra le righe, un profilo che di certo non le mandava a dire. La sua carriera è decollata nelle televisioni locali, dove il suo stile unico si contrapponeva a quello più sobrio e analitico dei colleghi. I suoi battibecchi con nomi noti come Tiziano Crudeli e Franco Melli sono diventati leggenda, alimentando un circo mediatico che ha fatto dell’ “opinionismo di parte” la sua bandiera. Ma a quale prezzo?
Non possiamo ignorare la responsabilità degli editori e delle reti televisive nel promuovere questo modello. La ricerca del consenso facile e la voglia di accumulare visualizzazioni hanno portato a un’informazione deviata, dove la verità è diventata un optional. Questo ha creato un circolo vizioso che ha distorto il panorama del giornalismo sportivo.
La morte di Elio Corno non è solo una perdita, ma un’opportunità per riflettere sul futuro del giornalismo sportivo. Le tv locali sono ormai stracolme di personaggi dal pedegree giornalistico pressochè nullo che si ergono a giudici di questa e di quella squadra, di questo e quel dirigente. Non solo il locale, però: le diatribe tra Riccardo Trevisani e Sandro Sabatini, ad esempio, dimostrano come questo “format” abbia ormai raggiunto anche le emittenti nazionali. Di più: anche altri ambiti hanno “capito il giochino”, con le tribune che da politiche sono oramai diventate da stadio.
Possiamo continuare su questa strada o possiamo chiedere di più. È giunto il momento di riscoprire il valore della cronaca sportiva seria e competente, un invito a tornare all’integrità.
La scelta è nostra. Riscoprire la sobrietà e la professionalità del giornalismo sportivo è una sfida che tutti noi, come spettatori e lettori, dobbiamo affrontare.
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