Il Milan di Sergio Conceiçao esce sconfitto dal Maradona: la sconfitta per 2-1 maturata in casa del Napoli, complice anche, come si diceva una volta, i risultati degli altri campi, condanna il Diavolo all’Inferno di un anno probabilmente senza Europa, a meno che non riesca il miracolo in Coppa Italia.
Il Milan ha indubbiamente qualità, ma è altrettanto innegabile che non riesce a esprimerla. Nono posto, 47 punti, nove punti di distanza dal quarto posto, otto partite da giocare e quattro avversarie che viaggiano al doppio o al triplo della velocità da scavalcare in 720’. Il trend è molto chiaro: nell’era Conceiçao il Milan ha vinto sei partite, ma quattro di rimonta e spesso grazie alle invenzioni di Leao che ha spaccato la partita subentrando in corso. I numeri sono impietosi e condannano senza se e ma le scelte della società.
Il Milan, dopo aver centrato con Pioli il secondo posto, ha speso 100 milioni di euro fra estate e inverno sul mercato e ha cambiato due allenatori. Risultato: si ritrova anni luce lontano dal primo posto e con un piede e tre dita fuori dalla zona Europa. Abbastanza per aprire un interrogativo sulla bontà dell’operato di una società che, al netto di voci su presunte spaccature ha speso più tempo alla ricerca di un capro espiatorio senza che un dirigente si prenda la responsabilità di spiegare le scelte.
Difficile, al limite dell’indifendibile la posizione di Sergio Conceiçao. I numeri sono anche peggiori di quello di Fonseca che ha una media punti di 1,59 rispetto agli attuali 1,53. Conceiçao ha spesso chiesto tempo, spiegando quanto fosse difficile inculcare la sua idea di calcio in una squadra costretta a giocare ogni tre giorni. Risolto nel peggiore dei modi possibile il problema legato agli impegni in Europa, il portoghese ha avuto diverse settimane libere a disposizione, ma il Milan continua a non essere una squadra, anche perché, per struttura ed elementi, probabilmente non lo è mai stata.
Non ha mai il controllo della partita, si fa condizionare nel bene e nel male dagli episodi, spesso restandone in balia, fatica nell’organizzazione tattica. Anche le scelte squisitamente tecniche sono penalizzanti: rinunciare a Leao, che ha spesso messo in grandissima difficoltà Di Lorenzo, è oggettivamente una scelta inspiegabile e denota anche poca conoscenza degli avversari Con queste premesse anche ipotizzare una conferma è un esercizio di ottimismo esagerato.
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