Derby del mondo: Partizan-Stella Rossa

Belgrado è da sempre un spartiacque fondamentale per le sorti della penisola balcanica e più in generale dell’Europa intera. Un occhio all’occidente, quello che guarda a nord e a ovest, a quello che una volta era parte dell’Impero Austro Ungarico e che risultava un importante punto d’appoggio per Vienna, e uno a oriente, dove a sud e a est fu per tanti secoli sotto il regno dei bizantini e dei bulgari. Il suo splendore lo ebbe con la formazione del Regno di Serbia e durante gli anni della Jugoslavia dove risultava essere la Capitale di una nazione tra le più influenti a livello europeo. La saguinosa guerra portò a morte e distruzione e oggi Belgrado risulta essere la principale città di una nazione sempre più piccola che anno dopo anno si vede sempre più smembrata, come se essere serbi fosse un peso o un disonore. La città del Principe Mihailo III, la cui statua si erge al centro di Piazza della Repubblica, però non cala di eleganza e bellezza e tutt’ora vive uno dei derby più accessi dell’intero globo.

Quella tra Stella Rossa e Partizan è infatti una delle partite più sentite e accese di tutto il continente, nato esattamente a seguito della Seconda Guerra Mondiale. Entrambe infatti sono nate nel 1945, ma da radici culturali profondamente diverse. Certo il comunismo era alla base di entrambi gli schieramenti, impossibile che non lo fosse al tempo del maresciallo Tito, ma l’estrazione era diversa. I bianconeri erano i partigiani, gente abituata alla battaglia e alla rivolta che non aveva paura di niente, neppure della morte. Furono infatti i soldati dell’esercito popolare jugoslavo a fondare la squadra prendendo gran parte di giocatori e strutture dal BSK Belgrado. I biancorossi rossi invece facevano parte della sinistra culturale, fatta di libri e filosofi, non di armi ma di penne, non di concretezza ma di astrazione. A dare vita a questo nuovo sodalizio furono i ragazzi della “Alleanza unita della gioventù antifascista” prendendo colori e spunti dal SK Jugoslavija.
Le differenze erano dunque sostanziali e già con le vecchie denominazioni la rivalità era ben accesa. La prima gara venne giocata in casa del Partizan e a trionfare furono gli ospiti con un pirotecnico 3-4 con Jezerkić grande protagonista e autore di una tripletta. Non si sarebbe dovuto attendere molto per la prima vittoria dei Parni Valjak, i rulli compressori, perché già nella partita di ritorno un autogol di Branko Stanković condannò la Stella Rossa alla sconfitta. Fin da subito queste due squadre dominarono la realtà jugoslava, ma non erano le sole perché anche la Croazia con Hajduk Spalato e Dinamo Zagabria riusciva a ottenere importanti risultati. Fin quando queste due nazioni così vicine e così diverse rimasero unite si visse una sorta di tregua a Belgrado contro il nemico comune. Certo, i vari gruppi ultras iniziarono a nascere negli anni ’70 e non si risparmiavano di certo nei derby dove la violenza era di casa, ma ciò che più interessava era portare alto e fiero il nome della Serbia in tutta la Jugoslavia ribadendo ai croati perché loro fossero la Capitale.

I primi gruppi organizzati nacquero nella curva del Partizan e presero il nome di Grobari. Un nome curioso e insolito, perché in lingua slava si traduce come “I becchini“. Non si capì mai fino in fondo da dove derivò il nome, ma pare che i primi a definire così i tifosi bianconeri furono proprio i rivali cittadini. Il colore della maglia scuro portò i tifosi della Zvezda a coniare questo soprannome che però piacque a tal punto che divenne il nome del gruppo. Ma se da una parte c’erano i becchini, dall’altra c’erano gli zingari della Stella Rossa. Così venivano soprannominati dai cugini e, sebbene si trattasse di un chiaro insulto a sfondo razziale, in vari cori biancorossi viene utilizzato il termine “Cigani” per auto celebrarsi. Il principale gruppo del Marakana sono i Delije, una parole che ha origine dalla dominazione ottomana e che significa eroi. Quando si è all’interno di due delle curve più infuocate d’Europa e del mondo non è facile riuscire sempre a mantenere i nervi saldi anche tra tifosi della stessa squadra. Il caso più eclatante avvenne il 13 dicembre 2017 quando la partita venne interrotta per un’invasione di campo dovuta a una fuga di alcuni tifosi del Partizan dalla propria curva a seguito di un pestaggio selvaggio. I volti pieni di sangue scortati dalla polizia fecero ben presto il giro del mondo e dell’1-1 finale non importò a nessuno. Ancora oggi solo chi era lì presente sa come sono andate veramente le cose. Alcuni parlarono di faide interne tra i Grobari, altri di infiltrati della Stella Rossa per rubare del materiale, anche se la più probabile è quella più incredibile. Si è risaliti a questa vicenda in quanto negli scontri chi subì i maggiori traumi fu un ragazzo croato e da lì la concreta possibilità che membri della Torcida dell’Hajduk fossero arrivati a Belgrado solo per creare confusione. Storie di derby e di curve che solo i Balcani possono regalare.

Sul campo da calcio le due squadre si sono più o meno equivalse ottenendo trenta titoli i biancorossi e ventisette i bianconeri, anche se nei derby la pendenza è chiaramente a favore della Zvezda. Sessantaquattro a quarantasette le vittorie a favore della Stella Rossa, ma a far pendere in maniera decisiva la sfida sportiva tra le due c’è l’Europa. Il Partizan fu la prima squadra jugoslava a fare grandi cose in campo internazionale, anche se nella finale del 1966 a Bruxelles fu il Real Madrid a vincere per 2-1 nonostante l’iniziale vantaggio di Vasović, ma a vincere furono i biancorossi. Dopo aver giocato e perso la finale di Coppa Uefa contro il Borussia Mönchengladbach nel 1979, la squadra allenata da Ljupko Petrović arrivò fino all’ultimo atto della Coppa dei Campioni 1990-91 contro il Marsiglia. Davanti a un San Nicola di Bari gremito si dovette andare ai calci di rigore e l’errore di Amoros fu fatale per i francesi e la Stella Rossa fu la prima e unica squadra jugoslava a salire in vetta al calcio europeo. Poco dopo iniziò la guerra che separò la Jugoslavia e da allora il calcio serbo non è più stato lo stesso, con pochi soldi e poche infrastrutture. Ma a tenere vivo lo sport di questo Paese c’è sempre il suo meraviglioso derby della Capitale.
Due volti della stessa città, una rivalità storica che non tramonterà mai, perché a Belgrado o sei un Parni valjka o sei uno Zvezda.

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