“Ik moet ontploffen”, leitmotiv per Dennis Praet

“Ik moet ontploffen”. Se potessimo riassumere l’intera vita calcistica e non di Dennis Praet, potrebbe solamente accentrarsi in un connubio molto raro: la praticità della leggerezza. E’ una questione di momenti, è una questione di spaziature, è una questione di centimetri: i primi centimetri che vediamo in questa storia sono quelli raccolti in un campo di pallavolo, dove i signori Herman e Fabien Praet svolgono la loro professione sportiva, pochi anni prima di quel 14 maggio 1994.

Dal reparto di ostetricia dell’ospedale Uz Leuven, uno dei quattro ospedali del capoluogo della provincia del Brabante, cuore della nazione fiamminga, nasce il primogenito Dennis Praet. Già nei primi anni di età, il rapporto tra agilità e velocità nei movimenti è spaventoso; così impressionante che riesce ad annoverarsi tra i migliori atleti Under12 del Belgio…si ma nel tennis. Per fortuna delle nostre pupille, Dennis preferisce il cuoio alla gomma tennistica, e a soli 7 anni viene visionato dalla vecchia volpe dell’Oh Leuven, Paul Van Der Schueren, che dopo averlo allenato in un anno fantastico (lo paragona ad Iniesta), lo vende ad una società con fondi migliori per aiutarlo a crescere sia calcisticamente che scolasticamente; dal 2002 al 2010, con la maglia numero 10 del Genk fa strabuzzare gli occhi degli addetti ai lavori grazie al suo senso di posizione perfetto nella trequarti offensiva e alla sua innaturale abilità di vedere spazi che non esistono tra le maglie dei difensori.

L’unica ossessione che lo accompagna sin dalle giovanili è il metter su peso: i suoi 65 chili su 174 centimetri evidenziano una gracilità basica che non gli permette di proteggere il pallone quanto vorrebbe tra le linee, e di non poter essere un buon elemento sui calci piazzati all’interno dell’area. Dopo 8 anni passati con la maglia bianco-blu del Genk arriva il fatidico momento in cui bisogna scegliere cosa vuol fare da grandi: di opzioni ce ne sono, e neanche poco allettanti; le prime due arrivano dal Lille di Hazard e dall’Arsenal di Arsene Wenger, ma vengono entrambe rifiutate anche su consiglio del padre Herman (voci di corridoio dicono che durante il provino con l’Arsenal, si sia infortunato e abbia deciso di allontanarsi da un ambiente “sfortunato”). La decisione giusta arriva grazie alla mediazione del general manager dell’Anderlecht, Herman Van Helsbeeck, che convince il ragazzo illustrandogli un percorso futuribile tra scuola ( si diploma con il massimo dei voti alla scuola umanistica di Anderlecht) e calcio (esordisce dopo un solo anno di squadra Under 21, in prima squadra). Nel 2012 il suo nome diventerà noto alle orecchie dei più, dopo essere stato segnalato tra i migliori calciatori nati dopo il 1991, stilata da Don Balon.

Da quel momento in poi, la sua strada calcistica diventa un moto completo verso l’ascesa tra i migliori giovani europei, permessogli anche dalla continuità in campo e dalla fiducia che gli allenatori gli daranno: riesce nel suo primo anno da titolare a giocare 27 partite tra campionato e playoff, imponendosi con due gol e 6 assist, che porteranno la squadra al titolo. Appare per la prima volta in Champions League contro una squadra italiana, il Milan, e riesce ad impressionare gli addetti italiani (Juve, Fiorentina e Napoli) grazie ad una partita di personalità e al continuo muoversi dietro i due mediani rossoneri.

Il talento riesce continuamente a mostrarsi anche nelle stagioni successive, portando Dennis a vincere tre campionati e tre supercoppe belga collezionando 111 presenze, 13 gol e 25 assist. Il suo rapporto con la nazionale nasce da lontano, avendo fatto ogni trafila, partendo dall’under 16 arrivando al 12 novembre 2014, dove a Bruxelles, durante la sfida tra Belgio e Islanda, entra al 76′ in una sfida che terminerà 3-1.

Al termine di quest’anno molto probabilmente Dennis lascerà il club per una cifra che si aggirerà intorno ai 20 milioni: è indiscutibile quanto la Premier e la Liga abbiano fascino e fondi maggiori, ma quale squadra italiana non punterebbe un classe 94 trequartista, mezzala all’occorrenza, con un palmares già cosi lungo e con una maturità calcistica incredibile rispetto alla sua età? Ai posteri l’ardua sentenza (speriamo nella buona sorte annunciata dal suo procuratore Jacques Liechteinstein, che vede nell’Italia un’ottima meta).

Impostazioni privacy