L’Italia Femminile ha fatto innamorare l’Italia del calcio ed è pronta a raccogliere l’eredità di quella di Carolina Morace. Il quarto di finale con la Norvegia è stato il programma più visto della serata, con oltre 2 milioni di spettatori collegati su Rai 1 (2.371.000 per la precisione) pari al 16,2% di share.
Numeri che certificano il successo di un intero movimento. Soncin ha portato le azzurre a un traguardo toccato solo 28 anni fa, ma per quanto importantissimo, è solo la punta dell’iceberg. La semifinale dell’Europeo si accompagna alla qualificazione alla fase finale della Under 19 e dell’Under 17. Un segnale fortissimo, come sottolineato dal C.t. Andrea Soncin: “Quanto accaduto è incredibile, bellissimo, davanti a tutta questa gente ma è anche un bel messaggio facendo gli allenatori delle giovanili e per il movimento. È il regalo più grande che possiamo fare a tutti quelli che ci guardano e a quelle bambine e ragazze che vivono con passione il calcio. Ora godiamoci il momento, tra qualche minuto inizieremo a pensare alla semifinale”.
Numeri che riportano alle azzurre che, qualche anno fa, hanno fatto sognare come queste ragazze. Era l’Italia di Carolina Morace, figura iconica del calcio femminile degli anni ‘90’. Ha vinto 12 scudetti, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, 11 volte capocannoniere della Serie A, 150 presenze e 105 gol in nazionale. Oggi è eurodeputata. “ “Guardando le partite dell’europeo ci si accorge di uno sport che esiste da tempo e può essere ancora valorizzato ancora di più. Attraverso i media si crea l’effetto emulazione, che in Italia è sparito complice i costi: vedere lo sport in tv costa troppo”. La ex calciatrice ritiene che la chiave della crescita sia la programmazione: “Anni fa, contro la Spagna, si vinceva anche piuttosto facilmente poi altrove hanno puntato su progetti di lunga durata”
La ricetta della Morace per far si che questo Europeo non resti uno straordinario exploit si basa sull’ingrediente più semplice: lavorare sulle strutture per rendere il calcio femminile sostenibile. “Il problema è nelle infrastrutture e nel cambiamento degli usi e dei costumi. Oggi fare sport sta diventando un’attività di élite, io non ho mai pagato per giocare a calcio, disciplina che sta vivendo una crisi profonda e non casuale. È vero che non ci siamo qualificati per due volte consecutive ai mondiali ma ricordo che anche nelle due edizioni antecedenti al disastro la nazionale è uscita al primo turno. E se si insiste a dare la colpa alla sfortuna o al commissario tecnico di turno significa che non c’è la volontà di affrontare il problema”.
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