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Jordan Attah Kadiri racconta: «In Europa grazie a Ighalo»

«È un attaccante, è molto forte, è bravo in area». Tre frasi scandite rapidamente da Ian Burchnall il 13 agosto 2019, alla presentazione del nuovo rinforzo offensivo con cui possibilmente centrare la salvezza. Jordan Attah Kadiri, 20 anni compiuti l’11 marzo, aveva appena concluso una settimana di provini a Östersund, al termine dei quali fu confermato. Oggi veste la numero 10, lasciata libera da Hosam Aiesh, trasferitosi all’IFK Göteborg, e se non fosse per lo stato di pandemia da nuovo coronavirus avrebbe già giocato da titolare le prime gare di Allsvenskan. Ma forse non avrebbe avuto il tempo di rispondere alla nostra intervista.

Partito Dino Islamovic in direzione Rosenborg, oggi la coperta offensiva dell’ÖFK è cortissima: oltre a Kadiri c’è l’ex Crystal Palace Francis Jno-Baptiste, poi una schiera di giovani mezzepunte (Turgott, Sellars, Perry, Bellman e Bakr Abdellaoui, unico acquisto invernale, ovviamente gratuito vista la drammatica situazione economica del club). Ciononostante, Kadiri non si scompone: «Mi hanno dato il benvenuto in un modo davvero carino, tutti quelli che incontrato sono molto gentili e hanno aiutato la mia crescita e la mia integrazione». Ben riuscita: tre reti in 10 gare di Allsvenskan nella seconda metà della stagione scorsa, 530’ minuti, poi le ottime impressioni mostrate a inizio stagione in corso.

In Svezia, il campionato sarebbe dovuto cominciare il 4 aprile. Nella settimana dal 23 al 29 febbraio, in due partite di Svenska Cupen contro Eskilminne (0-5, gol e assist) e GAIS (4-0, tripletta), Jordan Attah Kadiri aveva già convinto anche i più scettici, mostrandosi una particolare abilità nel gioco aereo: «Ma non è il mio punto forte – ha subito precisato, continuando – non sento pressioni dalla partenza di Islamovic, solo supporto. All’ÖFK credono in me, nel mio gioco e nella mia crescita». Grazie a quel rendimento importante, era stato inserito nel Nigerian Team of the Week dal 28 febbraio al 2 marzo, assieme a nomi noti come Oghenekaro Etebo (Getafe), Alhassan Yusuf (IFK Göteborg), Godswill Ekpolo (BK Häcken) e Anthony Nwakaeme (Trabzonspor).

Nato l’11 marzo 2000 a Idah, un vecchio porto fluviale sulla riva orientale del Niger, Jordan è però cresciuto nella capitale Abuja: «Laggiù il calcio non è male» spiega, parlando della sua famiglia, dei suoi sei fratelli dei quali uno è avvocato, della sua forte motivazione: «Mi piace misurare il mio lavoro sulla base delle mie reti, da piccolo se entro 15’ non fossi riuscito a segnare mi sarei arrabbiato tantissimo». Parla dei primi calci, dal Sunsel FC e il Nasarawa United, da cui sarebbe dovuto andare in Norvegia al Lillestrøm, salvo fermarsi prima, a Östersund, in Svezia.

La timidezza di Jordan si mischia in un inglese quasi ermetico, che si scioglie solo quando racconta delle tante magliette dell’ÖFK portate in Nigeria alla famiglia: «Sono felicissimi per me, al termine della stagione tornerò a trovarli». Ammette che uno dei primi ostacoli incontrati nello Jämtland è stata la neve (che impressionò l’inglese Jamie Hopcutt, figuriamoci Kadiri): «Non ero abituato né ne avevo mai vista così tanta, è davvero una grande sfida, come anche il freddo. Ad ogni modo la vita a Östersund mi piace, ho i miei amici e la mia ragazza qui nonostante mi manchi la mia famiglia e gli amici ad Abuja».

Se immancabilmente s’è finito a parlare di Europa League («Ho parlato coi compagni e tutti quanti vogliamo tornarci di nuovo»), a quel punto il possibile paragone con Alhaji Gero era scontato, ma sorprendentemente Jordan ha immediatamente corretto il sottoscritto: «A me piace Ighalo, secondo me posso assomigliargli e mi ispiro altresì a lui». Ancora: «Ora che l’ho raggiunto in Europa, è stato incredibile quando mi ha chiamato per telefono e mi ha raccomandato di lavorare duramente». L’emulazione è forte: l’esultanza di Kadiri è esattamente identica a quella di Odion, con cui condivide pure il procuratore, Emefie Attah Aneke, che vanta diversi assistiti in Norvegia (Agedbenro del Rosenborg, Omoijuanfo e Leke James del Molde), ma pure in Germania (Abdullahi dell’Union Berlino), Olanda (Ejuke dell’Heerenveen) e Cina (Aaron Olanare). Jordan è ugualmente ambizioso: nell’arco di cinque anni dice di vedersi in un gran campionato (a ÖFKTV ha menzionato la Premier League, dicendosi simpatizzante per l’Arsenal) e, perché no, magari al Manchester United al fianco del suo idolo Ighalo.

Matteo Albanese

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