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La nuova epoca della Spagna

Non più Barça-Real. Il duopolio che per anni ha dominato la nazionale spagnola si è sciolto. Di Xavi, Iniesta, Xabi Alonso, Fabregas non ne nascono ogni anno, e i due club più importanti di Spagna hanno scelto nel tempo di investire su giocatori stranieri. È sia per un ricambio generazionale non all’altezza della generazione precedente sia per un bisogno fisiologico dei due club di avere sempre i migliori in ogni reparto che la nazionale spagnola ormai da anni non coincide più con Real e Barça. Prendiamo il centrocampo come esempio. Nel corso degli anni il Real ha investito su Modric, Kroos, Casemiro, mentre il Barça ha comprato i vari Rakitic, Arthur, De Jong. Tutti interpreti di assoluto livello, ma nessuno convocabile con la Spagna. Con ciò non intendiamo svalutare centrocampisti di pari forza e prospettiva quali Saul, Koke, Rodri o Thiago, ma semplicemente evidenziare quanto sia diventato complicato strappare i migliori talenti alle rivali più forti d’Europa (Atletico Madrid, Manchester City, Bayern Monaco).

Se in occasione della finale del Campionato Europeo 2012 vinta per 4-0 ai danni dell’Italia, la Spagna scendeva in campo con dieci calciatori su undici appartenenti a Real Madrid e Barcellona con la sola eccezione di David Silva, ora la situazione è completamente diversa. Nell’ultima gara valida per le qualificazioni al prossimo Europeo disputata contro la Norvegia, la Spagna si è presentata con undici calciatori di altrettante squadre di club. Robert Moreno, viceallenatore di Luis Enrique ovunque, forse inconsapevolmente ha schierato una formazione senza precedenti:

Kepa (Chelsea);

Navas (Siviglia), Ramos (Real Madrid), Albiol (Villarreal), Bernat (PSG);

Saul (Atletico Madrid), Busquets (Barcellona), Fabian Ruiz (Napoli);

Ceballos (Arsenal), Rodrigo (Valencia), Oyarzabal (Real Sociedad). 

Il risultato è stato un pareggio in extremis guadagnato su rigore dal norvegese King, il quale è riuscito a rimandare i festeggiamenti spagnoli e a concedere una speranza di qualificazione alla sua nazione. La Spagna, orfana di interpreti eccellenti quali Isco, Asensio o Diego Costa, non incute più il timore di un decennio fa. La nazionale ha sofferto anno dopo anno ogni addio e a differenza di Real e Barça non ha potuto rinnovarsi, perdendo pezzo dopo pezzo la perfetta armonia di una delle nazionali più forti della storia.

Sotto la guida di Luis Enrique prima e di Robert Moreno ora, è iniziata una nuova epoca. Un’epoca in cui per giocare in nazionale non bisogna essere necessariamente tesserati con Real e Barça, in cui se il livello si è abbassato, la concorrenza si è fatta più importante e soprattutto agguerrita.

 

Francesco Castorani

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