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Il Leicester e l’ultimo taglio alla gloria del passato

Leicester, anno zero. Sono trascorsi diciassette mesi dalla festa nella cornice del King Power Stadium, il “vincerò” cantato da Bocelli, Ranieri e Morgan che sollevano al cielo il trofeo della Premier League. Inevitabile che un miracolo tale lasci un segno indelebile all’interno di ogni giocatore facente parte di quel roster. Il club, però, rischia di pagarne le conseguenze in breve tempo. Dopo gli screzi dello scorso anno – umanamente inspiegabili, ma con facili conseguenze tecniche – l’esonero di Ranieri ha calmato le acque. Avvicendamento con chi ha affiancato il 65enne allenatore di Testaccio, Craig Shakespeare. Obiettivo conservare i principi e dare continuità, esperimento miseramente fallito. Ieri, infatti, il board delle Foxes ha comunicato la separazione con l’inglese.

Shakespeare era subentrato a Ranieri in un momento delicatissimo della stagione. Un girone vinto in Champions League, ma al contempo una classifica di Premier piuttosto preoccupante, condizionata sconfitte in serie. Troppo elevato il rischio retrocessione, circa la stessa situazione attuale, nonostante siano passate solo otto giornate della nuova stagione. Nel febbraio scorso vinsero gli ammutinati, ragione che in estate ha poi spinto per la conferma, ma l’unione del gruppo non è bastata. Dello storico undici vittorioso del 2016, sono ancora titolari ben sette giocatori (più uno che alterna campo a panchina, Okazaki), un evidente segnale di continuità. Il gruppo ha perso soltanto due pezzi da novanta in due sessioni di mercato estive, Kanté e Drinkwater, il centrocampo, l’anima.

Non è però chi è partito a rappresentare il problema, bensì chi è rimasto. Una squadra mentalmente ancorata a quel miracolo, come inevitabile sia. Giocatori trattenuti a suon di rinnovi di contratto stellari e di richieste economiche difficilmente trattabili – Mahrez e la Roma, per esempio, una delle storie più tormentate del mercato estivo. Nessun cambiamento, nessuna svolta, ma l’insistenza nel proporre un nucleo storico il cui ciclo è di fatto terminato con l’eliminazione in Champions League dell’anno scorso contro l’Atletico Madrid. Una strategia rischiosa, a metà tra la gratitudine e la voglia di riconfermare il gruppo e le proprie idee, la quale sta portando il Leicester sull’orlo del fallimento.

L’esonero di Shakespeare non rappresenta di certo l’ultima tappa di questo taglio con il passato; tanto, forse troppo, dipenderà da chi prenderà il suo posto in panchina. L’esigenza al momento è la salvezza, ma le trenta partite ancora in calendario lasciano ovviamente aperte tutte le porte. Le Foxes necessitano però di un cambio di rotta, un nuovo punto di partenza sotto il profilo tattico e degli uomini. Una boccata d’aria fresca, di principi validi e differenti rispetto a quelli con cui si è scritta una pagina di storia. Indelebile nella memoria di tutti i calciofili, ma pur sempre di storia.

Giorgio Dusi

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