Nacho, la consacrazione dell’eterno jolly difensivo

Lo scorso 18 gennaio Nacho Fernández ha compiuto 31 anni: la sua immagine del giovane canterano si è ormai sciupata da un po’, ma questo sembra essere tutto fuorché un problema. Raggiunta l’età della maturità definitiva, Nacho ha continuato a fare quello che ha fatto per tutta la carriera, farsi trovare pronto quando necessario, senza pretendere mai nulla.

Ha dato tutto per la maglia del Real Madrid e non poteva essere altrimenti: è nato nella capitale spagnola, tifoso merengue dal primo minuto di vita, entrato nel settore giovanile del club a soli 11 anni per ritrovarsi ancora lì 20 stagioni dopo. Il Real per lui è una vera casa, una realtà da proteggere come può: la riserva ideale per una squadra del genere, il giocatore che piuttosto di inseguire una carriera da protagonista in altre realtà ha scelto di essere il jolly difensivo per eccellenza della squadra del suo cuore, che poi è anche quella con più titoli al mondo.

E non è poco perché in nessuna stagione in carriera Nacho è partito come titolare: ha vissuto all’ombra di grandissimi campioni, vedi Ramos e Varane, ma anche Pepe, Carvalho e tutti calciatori che sono stati in prima squadra dall’era Mourinho in poi, eppure si è fatto trovare sempre pronto quando chiamato in causa. Non un’eccellenza, ma il giocatore giusto durante le emergenze, nella doppia sfida con il Liverpool così come in tutta la sua carriera.

Ha fatto il centrale, il terzino, il centrale a tre, ha sostituito ogni campione che gli è stato messo davanti con l’applicazione di chi sa di non avere il livello dei titolari, ma che morirebbe per quella maglia e che più è importante la partita, migliore sarà la sua prestazione. Probabilmente avrebbe fatto fatica a trovare questo livello fuori dal contesto Real Madrid, ma lì in mezzo è il jolly che tutti gli allenatori sperano di trovare in una grande squadra.

La doppia sfida con il Liverpool è una sorta di laurea, un coronamento di una carriera da seconda linea che trova la consacrazione in un grandissimo quarto di finale di Champions League in cui mancavano tre quarti di difesa titolare. Lui avrebbe potuto sostituire ciascuno di quelli, da Carvajal ai due centrali, e le sue due prove sono state impeccabili al fianco di Éder Militão, un altro che aveva tanto da dimostrare nell’occasione della sua vita.

E forse è proprio questo il fatto da sottolineare: per fare un ultimo passo in avanti Nacho ha dovuto alzare l’asticella, tirare fuori la prestazione della vita al fianco non di un campione come Ramos o Varane come gli è sempre capitato, ma di un’altra seconda linea, che stavolta non lo guidava ma doveva essere guidata da lui. L’andata è stata una prova d’eccellenza con tanto campo alle spalle, la seconda una prova di grande lucidità in una partita in cui era necessario difendere e otturare le linee.

Lui come al solito si è saputo adattare a ogni contesto: ha interpretato una nuova partita, una situazione differente, ed è stato il primo a gridare al fischio finale. Avrebbe il carisma per essere capitano altrove, ma ha il cuore per essere il jolly difensivo eterno del Real Madrid. A 31 anni non è più un canterano, ma è come se lo fosse sempre. Campione mai, ma finalmente riconosciuto come un pezzo integrante del Real, il supplente perfetto per le grandi occasioni.

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