Nahuel Bustos, il vero 10 del campionato argentino

La terra dei numeri 10 ha un nuovo erede. E non è un caso che a incoronarlo simbolicamente sia stato proprio l’Último Diez della scorsa generazione, Riquelme, che da dirigente del Boca Juniors farebbe di tutto per portare Nahuel Bustos nella sua squadra. Ma ovviamente non è l’unico ad averci messo gli occhi sopra, perché il 10 del Talleres ha incantato per una stagione intera, dove è stato il miglior marcatore U23 in termini di statistiche, ma molto di più sul piano tecnico.

La grande rivelazione della stagione, sfuggito agli occhi dei grandi club pur essendo nato in una terra floridissima di talenti come la città di Córdoba, che negli ultimi anno ha visto passare gente come Paulo Dybala, il Mudo Vázquez e il Flaco Pastore. Però il salto di Bustos non è stato direttamente in uno dei tre grandi club della città, ma è dovuto partire dal suo barrio di Argüello per giocare con l’Argentino Peñarol, dove già a 14 anni riuscì a segnare e a far capire le intenzioni.

Bustos, l’ascesa di un cordobese

Lo avevano visto in un torneo locale, la Córdoba Cup con la maglia dell’Huracán de barrio La France e si convinsero a prenderlo dopo aver acquistato in precedenza anche suo fratello Cristian. E fu lì che arrivò la chiamata di una delle tre squadre più importanti della città: il Talleres.

Il calcio a Córdoba è diviso in tre: la T gioca a Jardín Espinoza, l’Instituto ad Alta Córdoba e ad Alberdi c’è il Belgrano. Bustos finì a giocare con la maglia albiazul del Talleres, luogo ideale dove esprimere il proprio talento senza incorrere in enormi pressioni altre piazze. La T ha un tifo incredibile, teoricamente dovrebbe giocare alla Boutique di Jardín Espinoza, ma i 18.500 di questo impianto non riescono a contenere i tantissimi tifosi e per questo motivo le partite di campionato di giocano al Mario Alberto Kempes, lo stadio più grande della città con 57.000 posti, difficilmente lasciati vuoti.

Il talento di Bustos: caratteristiche e consacrazione

Con un pubblico così e senza il peso di una maglia che crei troppe aspettative (cosa che potrebbe rallentare l’ascesa di Velasco all’Independiente) è normale che arrivi al momento giusto la stagione della consacrazione. Bustos ha disputato un ultimo campionato all’insegna della perfezione, ridisegnando completamente la sua identità calcistica. Viene presentato come un’ala destra ma ormai ha imparato a spaziare su tutto il fronte d’attacco: una punta mobile, sia di sostegno che di rifinitura, la nuova immagine del 10 d’Argentina.

E c’è una giocata che lo ha contraddistinto in questi mesi: il pallonetto. I gol più belli sono arrivati così, dalla perla contro il River in cui dribbla il portiere con lo scavetto per poi appoggiare a porta vuota, passando per il tocco di classe contro il Banfield fino ad arrivare alla perla assoluta con il Racing, dove ha disegnato una traiettoria di struggente bellezza utilizzando il piede sinistro, che sulla carta non è il piatto forte della casa.

Ma oltre alla classe in questa giocata c’è tanto altro: un gran tiro dalla distanza, la rapidità nei movimenti e nei passaggi, ma soprattutto la visione della porta, grazie a un tempismo che gli permette sempre di anticipare i difensori e di trovare le conclusioni vincenti. I margini di crescita è normale che ci siano per un classe 1998, che probabilmente lascerà la sua Córdoba per una piazza importante, che sia una squadra del livello di Siviglia e Valencia (le più interessate nel Vecchio Continente) o una big del Sudamerica. Sarà fondamentale mantenere questa decisività anche in squadre che non giocano solo di ripartenza, trovare quei guizzi contro le difese schierate, e soprattutto mantenere quel carisma che lo ha fatto essere il vero trascinatore della squadra (che in rosa ha anche diversi veterani tra cui Dayro Moreno, uomo da 230 gol in carriera) anche accanto a calciatori molto affermati.

Premesse importanti per uno dei migliori giovani del campionato argentino, forse l’apripista di una nuova generazione di numeri 10.

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