C’è un Racing che festeggia e un campione in attacco da celebrare: stavolta non è Diego Milito come nel 2014, no il Principe si è messo a disposizione della sua squadra del cuore solo da dirigente ma ha lasciato spazio a un altro eterno del calcio argentino come Lisandro López. Sono 36 gli anni che porta sulle spalle, tanti ce ne sono voluti per vederlo vincere in Argentina o in Sudamerica in generale, il suo continente dove non era mai riuscito a diventare campione.
Ci era riuscito in Europa, dove ha vinto addirittura in due Paesi differenti, ma non a casa sua. Ha scritto pagine importantissime della storia del Porto, con cui è stato campione di Portogallo per quattro anni consecutivi tra il 2006 e il 2009, prima di trasferirsi al Lione nel periodo immediatamente successivo all’epoca d’oro che non gli ha impedito comunque di portare a casa trofei come la Coupe de France.
Mancava un acuto finale per la sua carriera, quel titolo in Argentina che ha rincorso e che non era mai riuscito a raggiungere. Ce l’ha fatta a 36 anni, con il club che l’ha lanciato: non è facile vincere col Racing, la più mistica delle cinque grandi d’Argentina, la prima a vincere una Libertadores e un’Intercontinentale ma anche quella che ha avuto i digiuni più lunghi. Lo ha fatto da capitano, da leader e anche da capocannoniere: 17 gol in 24 partite, il campionato non è finito ma non c’è nessuno che lo possa raggiungere.
Campione e capocannoniere, l’esaltazione massima per un calciatore a fine carriera che cercava solo il trofeo che avrebbe chiuso il cerchio. Difficile adesso anche immaginarlo troppo a lungo con quella maglia, con cui ha iniziato e con cui quasi sicuramente finirà: c’è anche una partita conclusiva di questo campionato da giocare, una passerella contro i rivali della stagione, il Defensa, in cui omaggiare una squadra capace di vincere 5 anni dopo l’ultimo titolo e il suo capocannoniere, l’intramontabile Lisandro López.