Buonanotte Terek, buongiorno Akhmat! La nuova alba del calcio a Groznyj

Idealista dell’insurrezione. Paramilitare della rivoluzione. Padre di una repubblica che ne ha viste di tutti i colori nel recente passato. Un capo, una guida spirituale per il rilancio di un popolo intero. Akhmat Kadyrov è stato tutto questo per la Cecenia. E forse qualcosa di più. Nato in Kazakistan nel 1951 da genitori deportati in seguito all’Operazione Čečevica, Akhmat torna in patria per schierarsi nel fronte dei separatisti. La sua conoscenza religiosa, maturata in lunghi anni di studio del Corano, lo porta alla nomina di Gran Muftì della Repubblica di Ičkeria (il più alto ufficiale della Shari’a di un paese musulmano) durante la prima guerra cecena. A causa dell’ingente peso politico ed economico ottenuto dall’Islam radicale, Kadyrov decide di abbandonare il fronte indipendentista nel 1999, passando, di fatto, sotto l’ala protettrice del Cremlino. Vladimir Putin da lì a poco lo nomina capo dell’amministrazione provvisoria della Cecenia e nel 2003 presidente del paese. La difficoltà nel trovare un raggio di serenità negli anni bui delle guerre nel Caucaso non ha mai oscurato l’amore che Akhmat provava nel guardare una partita di calcio. Ed è proprio nello stadio del suo amato Terek Groznyj che trova la morte il 9 maggio 2004. Al Sultan Bilinkhamov quel giorno si stava disputando un incontro amichevole per festeggiare la Giornata della Vittoria in ricordo della resa della Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale. Un attentato esplosivo, diretto volutamente alla zona in cui sedeva Kadryov, costò la vita allo stesso e ad una dozzina di altri fedeli del suo entourage. La strage fu poi rivendicata da Šamil Basaev, leader dell’ala più radicale dell’insurrezione islamista anti-russa, che mal aveva digerito il cambio di rotta del suo presidente negli ultimi anni. Da eroe a martire la strada è breve e la drammatica scomparsa di Akhmat Kadyrov ha alimentato pensieri contrastanti fra i seguaci. Appena dopo la sua morte, è il figlio Ramzan a prendere, seppur gradualmente, il suo posto nel controllo della Cecenia. Diversi sono i luoghi cittadini che l’attuale presidente ha dedicato al padre. Tra tutti spicca la moschea principale di Groznyj, una delle più grandi di tutta la Russia. Insomma, un vero e proprio “monopolio familiare” che non poteva che sfociare anche nell’ambito calcistico.
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Poco più di un mese fa dal Caucaso è rimbalzata la notizia che il Terek Groznyj avrebbe cambiato nome. Ad annunciarla un lungo messaggio proprio di Ramzan Kadyrov sul suo profilo Instagram: “[…] E’ un grande onore per me informare tutti gli appassionati di calcio che adesso l’FK Groznyj si chiama “Akhmat” […]”. Presidente onorario del club, Razman ha informato che la decisione è stata presa in seguito ad un sondaggio indetto fra i tifosi. Dopo il nuovo stadio, inaugurato nel 2011 e ribattezzato Akhmat-Arena, ecco che un altro simbolo cittadino si accolla l’eredità di nome. La relazione amicale mantenuta con Vladimir Putin ha permesso l’arrivo di parecchio denaro per migliorare le infrastrutture della città di Groznyj, degli impianti di gioco e allenamento della squadra. Da ciò è facile pensare che i risvolti di tale scelta possano attingere a manovre socio-politiche; noi non siamo a conoscenza e non volgiamo nemmeno cercare di dedurle. Resta chiaro come dietro alla figura di Ramzan, costretto anni fa dalla FIFA a lasciare la presidenza del Terek, ci siano più ombre che luci. Nel medesimo post sul social Ramzan ha proseguito: “[…] Un club che porta il nome di una leggenda quale Akhmat Kadyrov, di un uomo che ha salvato l’intera Russia dalla minaccia del terrorismo internazionale, di un uomo che ha dato la sua stessa vita per la Cecenia ha il dovere di giocare ogni anno meglio del precedente […]“. Per un club dal modesto storico in campionato bissare l’exploit della scorsa stagione (terminata al quinto posto ad un solo punto dall’Europa) non sarà affatto facile e le dichiarazioni appena citata fanno schizzare alle stelle la pressione sulla piazza. Secondo parecchie fonti, inoltre, la maggioranza dei tifosi si è detta contraria alla modifica. “Il Terek rimarrà sempre il Terek” commentano in molti sotto la pubblicazione di Ramzan il quale si difende affermando come il fiume da cui prendeva il nome la squadra non sia una prerogativa cecena bensì di altre quattro regioni caucasiche e che non deriverebbe nemmeno dal vocabolario locale. A gettare altra benzina sul fuoco è stato appurato che sulle divise del Groznyj campeggerà da quest’anno lo sponsor della “Akhmet Kadyrov Foundation“, una delle ONG (Organizzazioni Non Governative) meno trasparenti di Russia. Tale fondo infatti non verrebbe sottoposto a revisione contabile e non presenterebbe i propri bilanci al Ministero della Giustizia federale, come sarebbero tenuti a fare tutti i fondi che ricevono cifre superiori ai 3 milioni di rubli annui.
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L’esordio stagionale del nuovo Akhmet Groznyj nella Russian Prem’er-Liga 2017/18 si è tenuto sabato in una Akhmat-Arena gremita alla massima capienza. Nonostante i dubbi sulla genuinità della virata societaria, il popolo зеленый ha risposto comunque “presente”. In fondo, in questo angolo remoto del pianeta quando i verdi sono in campo è come se giocasse la nazionale. Fra le tante autorità presenti nella tribuna VIP spicca su tutte quella di Ronaldinho in veste di ambasciatore nel mondo del Barcellona (nella foto assieme a Ramzan Kadyrov). La vittoria, seppur risicata, è stata convincente con l’1 a 0 finale ai danni dell’Amkar Perm maturato al 39′ del primo tempo grazie alla rete del neo acquisto Léo Jabà. Per novanta minuti tutte le insinuazioni e i malumori della città sono stati messi da parte. Il calcio è magico perché ha la forza di distogliere l’attenzione dalla realtà della vita. Per un’ora e mezza Terek e Akhmat sono diventati la stessa cosa. Sotto il cielo che un tempo fu illuminato dalle deflagrazioni delle bombe e dalle scie dei missili pensare che un pallone abbia potuto accecare dicerie e sotterfugi non può che rendere felici. Nella speranza che d’ora in poi sia il gioco ad avere l’ultima parola.

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