Premier League, un altro mondo rispetto alla serie A e non solo per ingaggi ma per la ricchezza generata e distribuita fra i vari club. I numeri non lasciano spazio alle interpretazioni: fra il nostro calcio e quello inglese c’è un oceano che rende più attrattivo, professionalmente ed economicamente, scegliere il campionato di Sua Maestà.
La serie A, in questa stagione, la prima del quadriennio 2025/2029, ha distribuito circa 900 milioni di euro netti ai vari club. Il club più ricco è l’Inter, che ha incassato circa 81 milioni di euro, cifra comunque in calo rispetto alla scorsa stagione, quando l’accordo complessivo per i diritti audiovisivi del campionato italiano era più alto. Il Napoli, nonostante il titolo di Campione d’Italia ha meno appeal: appena 69, 5 milioni. Il Milan ne ha incassati 68,5. Fuori dal podio la Juventus, che si è dovuta accontentare di 67 milioni, mentre la Roma “solo” di 61,2. La squadra più “povera” è il Venezia, che ha racimolato meno di 26 milioni di euro. Cifre che fanno sorridere in confronto ai ricavi al di là della Manica.
In Inghilterra il calcio è ormai una realtà consolidatissima a livello economico. Basti pensare che il monte da distribuire è di 3,4 miliardi di euro l’anno. Ovvero quasi il quadruplo rispetto all’Italia. Il Liverpool, campione della Premier League, in questa stagione ha incassato qualcosa come 213 milioni di euro. Ovvero quasi il triplo rispetto all’Inter e appena una decina in meno di quanto riescono a mettere insieme i nerazzurri, il Milan e il Napoli, ovvero le prime tre della Serie A. Quasi umiliante il confronto con l’ultima classificata. Il Southampton, che ha vissuto una delle stagioni peggiori della sua storia nonostante l’ultimo posto in classifica, ha comunque incassato 130,1 milioni di euro. Ovvero più di sei volte del Venezia e quasi il doppio (a voler essere precisi, il 60% in più) rispetto al club più pagato in serie A.
Con queste premesse, è difficile competere a livello internazionale a meno di qualche exploit isolato qua e là. La Premier vive economicamente su un altro pianete, ma la serie A è un prodotto che comunque non riscuote moltissimo appeal fra i top campionati né fra i top player che considerano, dati alla mano, la serie A come la seconda o la terza scelta, anche perché la Liga può godere di un regime fiscale meno pressante che permette dunque di pagare ingaggi più alti. In Italia si registra invece ogni anno un numero piuttosto alto di fallimenti e di club con i libri in tribunale. Dunque, pochi soldi, pochi campioni, poca qualità. I numeri non mentono: il calcio, a queste latitudini, non è più da tempo al centro del mondo.
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