L’Italia di Luciano Spalletti ha perlomeno il carattere: si gioca a viso aperto la sfida con la Germania, va anche in vantaggio ma si fa raggiungere e superare nell’andata dei quarti di finale di Nations League. Finisce 1-2 e la strada verso le semifinali si fa in salita. Occorre vincere con almeno due gol di scarto a Dortmund per entrare nella Final Four.
La nazionale, per quanto si è visto in campo, è sulla strada giusta ma evidenzia più di qualche limite a livello strutturale e di profondità della rosa. Non è un caso che quando l’asticella si alzi, a questa nazionale, comunque un’altra squadra rispetto agli Europei, non basti restare in partita per vincere. il divario con la Germania, che è da considerare più completa rispetto all’Italia, è più nella qualità che negli episodi. I tedeschi segnano due gol allo stesso modo, ne sfiorano un terzo. Gli azzurri hanno personalità, si impegnano, ma restano con una percentuale realizzativa molto più bassa. Anche la concentrazione e la finalizzazione rientrano nell’alveo delle qualità e, per quanto sia doloroso e difficile ammetterlo, gli azzurri, in questa ottica cedono ancora qualcosina alla Germania.
Spalletti non vuole parlare dei gol subiti su palle inattive e di testa, per evitare si crei una sorta di psicosi, ma al netto del silenzio e dell’idea che comunque se c’è un problema non si risolva ignorandolo, restano i numeri. Sono già sette, i gol concessi con una certa propensione a dimenticare l’uomo e a concedere il cross in mezzo all’area di rigore, dove, se l’attaccante colpisce di testa, il portiere non ha tempo di intervenire. Con la Germania si è rivisto il film dell’1-3 contro la Francia. In quella occasione due gol di Rabiot, entrambi di testa, uno su testa calcio d’angolo e uno su cross proveniente. Reti subite in fotocopia. Non può essere un caso. Se c’è qualcosa che non manca a questa nazionale sono i centimetri dei centrali, dunque c’è da lavorare su attenzione, concentrazione e movimenti difensivi.
Due partite da dentro e fuori contro Francia e Germania hanno lasciato in eredità altrettante amarezze. È vero che c’è modo e modo di perdere, e questa volta gli azzurri non si sono fatti dominare, ma è altrettanto innegabile registrare gli errori commessi. Abbastanza per aprire due prospettive. Una è legata all’idea di certezze che potrebbero tornare a vacillare dopo due sconfitte consecutive contro due pari grado. L’altra è un percorso quasi necessario di maturazione, che passa attraverso sconfitte dolorose. Essere competitivi non significa dover vincere, ma avere le potenzialità per riuscire a portare a casa il risultato. Lo step da colmare è proprio nella risposta all’interrogativo su quale sia il peso specifico di questa nazionale. La sensazione è che sia ancora un gradino sotto. Dortmund, in questo senso darà una risposta molto importante.
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