Guardiola contro Simeone, la resa dei conti dopo la semifinale del 2016

Nella testa di Pep Guardiola associata all’immagine di Diego Simeone c’è il ritorno delle semifinali di Champions League del 2016, il primo scontro in assoluto in Europa tra Bayern Monaco e Atletico Madrid. Forse la miglior partita del catalano nella breve esperienza tedesca, finita però con un’eliminazione che scotta ancora e che inevitabilmente è stata riportata a galla dopo il sorteggio.

Prima di sedersi sulla panchina dei colchoneros l’allenatore argentino ha studiato profondamente il Barcellona di quello che sarebbe diventato poi il suo principale rivale, per capirne i meccanismi e i segreti dall’interno. Qualcosa però non suonava bene a Simeone di che lì a poco avrebbe sviluppato la sua personalissima filosofia, agli antipodi rispetto a quella sfoggiata da Guardiola in quegli anni e perfezionata stagione dopo stagione. Non si potrebbero immaginare due personaggi più diversi, pur essendo insieme tra i migliori allenatori dell’ultimo decennio. Il Cholo è diventato la principale alternativa allo spagnolo, rispondendo al suo tiki-taka con un’ossessione per l’occupazione degli spazi e il gioco senza palla, con un credo difensivo che va oltre la semplice cura dei dettagli: Simeone in ogni allenamento studia , approfondisce e simula tutti i possibili scenari, così da non far mai trovare impreparati i suoi giocatori sui contraccolpi degli avversari.

Per questo Guardiola ha passato le ultime settimane a studiare un piano tattico completamente nuovo che lo porterà (secondo l’idea espressa in conferenza stampa) a giocare in 12 uomini. Le ragioni dietro alle sue parole hanno radici profonde e sono tutte racchiuse nella semifinale di ritorno di Champions League dell’edizione 2015/16, quando il suo Bayern Monaco fu mandato fuori dalla competizione proprio dall’Atletico Madrid con gli stessi principi che proverà a spezzare in questa nuova doppia sfida.

Il contesto di allora era molto diverso da quello di oggi: i colchoneros erano una squadra in piena ascesa, alla pari dei bavaresi che si giocavano l’ultima chance di vincere un trofeo, dato che Guardiola era ormai promesso sposo del Manchester City. Gli spagnoli avevano già vinto l’andata in casa per 1-0 grazie al gol di Saul e per il ritorno i tedeschi avevano preparato la partita definendo tutti i dettagli. Ed effettivamente in campo è venuto fuori tutto l’estro dello spagnolo, criticato tanto per aver lasciato fuori dai titolari Thomas Muller. La tattica di Guardiola ha funzionato da subito in modo perfetto contro Simeone: il Bayern era riuscito a scardinare i complessi meccanismi difensivi dell’Atletico passando in vantaggio al 31′ con il calcio di punizione di Xabi Alonso che aveva messo il sigillo a una partita a tratti sublime.

Ma è proprio nel momenti migliori che si nasconde l’insidia e forse per un eccesso di sicurezza i bavaresi hanno regalato un pallone prezioso ai colchoneros con il passaggio di Jerome Boateng intercettato da Carrasco. L’aggressività dell’Atletico Madrid e il gol di Griezmann hanno fatto il resto e a nulla è servita la rete del 2-1 segnata da Lewandowski: il Bayern Moaco ha dovuto abbandonare la Champions League per la regola dei gol segnati in trasferta che per fortuna questa volta non tormenterà più Guardiola. Ma l’allenatore spagnolo vuole riavvolgere il nastro e ripartire proprio dall’errore del suo giocatore, l’unico intoppo in un meccanismo perfetto che gli è costato la possibilità di giocare la finale.

Questa volta tutto sarà diverso perché il suo Manchester City è tra le squadre migliori d’Europa e l’Atletico Madrid, che non è più quello visto nel 2016, è sotto di qualche gradino, pronto a ricreare la sua trincea per tentare un nuovo colpaccio dopo aver eliminato dalla competizione il Manchester United. Ma Simeone sa bene come tirare fuori il meglio da tutti i suoi giocatori e ha imparato a crederci anche quando non veste i panni del favorito. Da quella semifinale tante cose sono cambiate, ma mai come adesso sarà il punto di partenza per entrambi per tentare di chiudere il cerchio e aprire una nuova epopea, dove soltanto una delle due filosofie avrà la meglio.

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