Addio a Giovanni Galeone, il maestro del calcio pensante

Giovanni Galeone

Giovanni Galeone Immagine | Ansa

Pasquale Luigi Pellicone

Novembre 2, 2025

Giovanni Galeone ha lasciato questo mondo e un vuoto enorme negli appassionati del calcio più romantico. Ironico, elegante e con l’immancabile sigaretta tra le dita,  è stato molto più di un allenatore. Nato a Napoli e cresciuto a Trieste, ha incarnato un’idea di calcio e di vita fondata sulla libertà di pensiero e sulla ricerca costante della bellezza. . Era un romantico del pallone, un uomo che citava Almodóvar per spiegare la propria filosofia: “Essere autentici costa, ma vale la pena”

Giovanni Galeone, il maestro del calcio pensante

Figlio di un ingegnere e di una madre amante dei libri, Galeone ha respirato cultura sin da giovane: amava Sartre, Pasolini, la musica francese e il pianoforte. Un uomo capace di citare Brecht in conferenza stampa e di discutere di tattica davanti a un bicchiere di vino, con la stessa naturalezza con cui parlava ai suoi giocatori. A Trieste scoprì la passione del popolo slavo, scintilla lo avrebbe accompagnato per tutta la vita. Galeone non cercò mai la ribalta, ma la coerenza con la propria idea di calcio. Per lui la vittoria non era un fine, ma una conseguenza possibile della fedeltà a uno stile. Non vinse scudetti, ma conquistò qualcosa di più raro: il rispetto e l’affetto di chi ama il calcio come arte.

Olandese per vocazione, esteta per passione

Nel panorama tattico italiano degli anni ’80 ancorato al catenaccio e alla ricerca ossessiva del risultato a prescindere dalla qualità di gioco, Galeone portò leggerezza e immaginazione. Il suo calcio era estetico per passione e olandese per vocazione. Come amava dire: fantasia slava e ordine nordico, unite da un principio:  giocare bene significa pensare bene. Nei suoi anni d’oro con il Pescara e l’Udinese, costruì squadre che divertivano, attaccavano, osavano. Da lui sono passati Massimiliano Allegri, Gian Piero Gasperini, Marco Giampaolo, che hanno ereditato, in modi diversi, una filosofia che non amava i tatticismi sterili e diffidava di chi “si perde nei numeri” difendendo l’intelligenza del giocatore, la creatività, la libertà di sbagliare.

Un’eredità che va oltre il campo

Lontano dai riflettori, Giovanni Galeone è rimasto un punto di riferimento per chi crede che il calcio sia anche cultura e umanità. La sua eredità sportiva non si misura nei trofei, ma nel modo in cui ha insegnato a pensare il gioco. Ha trasmesso ai suoi allievi il gusto per la bellezza, il rispetto per le idee e la curiosità per il mondo. Amava la buona cucina, il vino di qualità, le chiacchiere infinite con gli amici come Gianni Mura. Chi lo ha conosciuto lo descrive come un uomo autentico, ironico, mai supponente, capace di unire poesia e pallone. Resta inciso nella memoria collettiva come quello di un allenatore visionario, un esteta del calcio che ha mostrato che inseguire un’idea non è mai tempo perso.

 

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