Il nostro fallimento non è colpa degli stranieri

In un momento di disastro come quello che sta vivendo il calcio italiano dopo la preventiva eliminazione dal Mondiale 2018 è normale cercare colpe e colpevoli. Ancor più facile è puntare il dito contro persone sbagliate, ciò che spesso accade con gli stranieri che giocano nel nostro calcio.

A detta di molti il problema di crescita della nostra nazionale dipende dall’eccessivo numero di stranieri che popola le squadre dei nostri campionati e che porre un limite minimo di italiani in campo sarebbe una soluzione per migliorare il valore del nostro calcio.

L’idea di base è tanto popolare quanto sbagliata. E ci sono anche degli esempi piuttosto indicativi. Nei paesi europei dove si è attuato questo tipo di riforma, vedi Russia, Ucraina e Turchia, il livello calcistico è diminuito notevolmente e le nazionali si sono sensibilmente indebolite. Questo perché il limite di stranieri in campo porta ad una ipervalutazione dei giocatori locali e ad un brutale indebolimento delle squadre. E ciò accadrebbe anche nel nostro calcio dove le squadre verrebbero private dell’opportunità di far giocare calciatori validi e sarebbero costrette a pagare prezzi spropositati dei calciatori con il solo merito di avere la nazionalità italiana.

Ma oltre a guardare i paesi che non stanno andando bene, visto che per ragioni culturali è normale aspettarsi qualcosa in meno sul piano calcistico, basta dare un’occhiata alle nazioni che ce l’hanno fatta e che in questi anni hanno tirato su delle nazionali più che competitive.

In questi campionati la percentuale di stranieri in campo è uguale se non maggiore della nostra eppure i risultati sono differenti. In Germania la nazionale è campione del mondo e quest’anno ha vinto Confederations Cup ed Euro Under 21 con formazioni alternative piene di giovani promesse fortissime, la Spagna ha costruito uno dei progetti calcistici più forti del mondo e la Francia ha un parco giovani che fa invidia a chiunque.

Ma ciò che fa notizia è l’evoluzione dell’Inghilterra. Nel Paese che ha il campionato con la percentuale più alta di stranieri in campo è nata una nuova generazione piena di campioni che in questo 2017 ha vinto tutti i Mondiali di categoria e ben figurato nei vari Europei. E tanti dei protagonisti di questi tornei sono già titolari in Premier League. La nazionale maggiore si è rinforzata notevolmente rispetto a soli due anni fa e ha ampi margini di miglioramento per puntare a tornare a vincere qualcosa dopo anni di nulla assoluto e delusioni in serie.

I campionati offrono importanti opportunità ai giovani che sono la vera risorsa di queste realtà. Diciottenni e ventenni sono visti come una formalità da inserire progressivamente nelle squadre, non come scommesse azzardatissime come accade nel nostro campionato (ad esempio un 23enne Rugani visto come un bambino acerbo). Da questo dovremmo ripartire, dal coraggio di far fare le ossa ai giocatori più forti nei massimi campionati e non nelle serie inferiori.

Perché se le cose sono andate male non è certo colpa degli stranieri dei nostri campionati.

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