Riservato, strano, folle, passionale, Argonauta, coatto. Kostas Mitroglou e il suo νόστος

In Champions, al termine di Benfica-Dortmund, la palma di migliore in campo se l’è meritata il brasiliano Ederson, con una quantità incredibile di parate straordinarie per numero e difficoltà (calcio di rigore di Aubameyang compreso). Il giorno dopo, A Bola ha piazzato in prima pagina la foto di uno degli interventi più importanti dell’estremo difensore benfiquista, accompagnata dalla dicitura “Super-homem”. Supereroe. O Jogo ha seguito la stessa linea editoriale, aprendo con “Ederson total”. Record, invece, non ha dedicato l’apertura al portiere classe ’93 bensì ad un altro protagonista della partita: Kōnstantinos Mītroglou, in greco Κωνσταντίνος Μήτρογλου, che campeggia insieme al titolo “Enormes” e al sommario “assistência de Luisão e golo de Mitroglou”. Certo, c’è anche spazio ad un “Ederson fenomenal até un penálti defendeu”, ma il grosso della prima pagina è tutto per lui. In fondo, senza il suo gol la partita sarebbe finita in pari. In fondo, è lui ad aver deciso il match: magari non come il numero 1, siamo d’accordo, ma nel bene e nel male è stata la sua zampata ad entrare nelle statistiche.

Pazienza se in fondo è stato l’unico tiro del Benfica in tutti i 90′. Pazienza se fino a quel momento, Kostas non aveva fatto un granchè. E pazienza se in campo, lui e Rafa Silva avevano dato l’impressione di passeggiare quasi svogliatamente, talvolta rifiutandosi pure di correre appresso ai difensori gialloneri. Al 48′ la partita è cambiata: sul calcio d’angolo battuto da Pizzi, c’è stata una deviazione di testa di Luisão (l’altro ieri in campo per la 500° volta col Benfica, e ça va sans dire, con la fascia da capitano) che ha tentato di indirizzare la sfera verso lo specchio. Lì davanti, a pochi centimetri dalla linea di porta, nel cuore del suo regno, l’area di rigore, era appostato lui: Kostas. Capisce che quel pallone è troppo debole per impensierire Roman Bürki, che già si era gettato per afferrarlo, dunque tenta un complicatissimo controllo col tacco. Roba da incoscienti, in fondo avrebbe pure rischiato di esser in fuorigioco. E il controllo funziona pure a metà, poi il pallone ribalza, rimane lì, per un millisecondo Kostas lo perde, poi ritrova l’equilibrio. Bürki è a terra, inerme, tenta di calciare quel pallone ma colpisce solo l’aria. Kostas  lo tocca sì, invece, lo sposta e col sinistro lo scaraventa in quel sacco vuoto che poi altro non è che la porta del Borussia. L’unico tiro in porta del match per il Benfica, la rete che decide. Il confronto è assai impietoso, pensando che Tuchel in avanti ha schierato Aubameyang: reduce dalla Coppa d’Africa, come lo giustificherà l’ex tecnico del Mainz, la sua prova è stata assai pessima. Un rigore sbagliato (per carità, sbagliare ci sta, ma è il modo con cui ha calciato a far indispettire: potente, sì, ma centralissimo e a mezz’altezza, dunque un cioccolatino per Ederson che era rimasto in piedi e ne ha approfittato scartando il regalo gentilmente offerto), e oltre a ciò anche una quantità industriale di occasioni buttate, tra le quali segnalo un paio di uno-contro-uno con il portiere benfiquista con pallone alto sopra la traversa e un tap-in sul quale, a porta sguarnita, è arrivato leggermente in ritardo. Va poi detto che il Dortmund aveva dominato in lungo e in largo (e farà altrettanto fino alla fine del match), gettando alle ortiche altre potenziali palle-gol (Dembélé, Schmeltzer, Piszczek, Reus, Guerreiro).

Eppure, la sorte aveva deciso che sarebbe stato il Benfica a portarsi a casa i tre punti, nell’andata degli ottavi di Champions. Proprio nel Dia Dos Innamorados, San Valentino, è stato ricompensato l’amore dei 55124 presenti che, secondo Transfermarkt, hanno deciso di trascorrere nella Catedral il giorno degli innamorati. Single, in dolce compagnia, di certo amanti delle Águias. E a proposito di rapaci, voglio segnalare la coreografia che il popolo del Da Luz ha scelto di preparare per l’occasione. E’ un’aquila che tiene ben stretta tra gli artigli la Coppa dalle grandi orecchie, accompagnata dalla scritta “Vence por nos” che la sovrasta. Un messaggio chiaro, di speranza e di richiesta. Qualcosa del tipo: non fateci tornare a casa tristi, stasera. E’ San Valentino, giorno degli innamorati, e noi abbiamo deciso di passarlo qui con voi. Per favore, regalateci questa gioia. Vincete per noi.

Ma torniamo a Mitroglou. L’attaccante, il puntero, il finalizzatore di questo Benfica: 13  reti nelle ultime 13 apparizioni in maglia degli Encarnados. Non tragga d’inganno il numero, l’11, per antonomasia né carne né pesce (meno appariscente di un 7 o un 10, è un mix tra un’ala e una seconda punta, una sorta di spalla del 9, un comprimario, non certo uno che ti risolve una partita, per intenderci): Mitroglou è un finalizzatore, che probabilmente non veste il nove solo per la presenza di Raúl Jiménez. E non inganni nemmeno la lista dei precedenti numeri onze delle aguias (sì, va bene Lima, ma negli ultimi anni anche Franco Jara, Keirrison e Javier Balboa): Kostas è uno che la porta la vede benissimo, sebbene questo sia il suo primo gol in questa Champions League. A testimonianza di ciò, faccio parlare i numeri: in 75 presenze al Benfica, 44 reti (30 solo in Primeira Liga, 20 la scorsa stagione, 10 quella in corso) e 9 assist. All’Olympiakos, due anni fa, in 34 apparizioni è andato a segno 19 volte (ne segnalo 2 in Champions e 1 in Europa League): contando anche la precedente esperienza al Pireo, diventano 81 le reti in patria. Aprendo il discorso nazionale, sono 12 in 51 partite: da settembre dietro la schiena ha l’11, prima aveva il 9 ma ne ha alternati molti altri (in passato, anche 7, 14, 16 e 17), il bomber di Kavala.

Kavala. Comune di meno di 75mila abitanti, situato nella regione di Macedonia Orientale e Tracia, ovvero nella parte greca più vicina alla Turchia (ma anche a meno di 100 km dalla Bulgaria). Qui, oltre a Kostas, sono nati altri protagonisti del calcio greco, come la leggenda del Paok Theodōros Zagorakīs e i campioni d’Europa in Portogallo (quanto è lontano quel 2004…) Theofanīs Katergiannakīs e Zīsīs Vryzas. A livello etimologico, poi, è curioso notare come nel cognome di Kostas sia presente il suffisso -oglou, ovvero la versione turca del patronimico greco -opoulos (“figlio di”). Il legame con l’Ελλάς, però, è debole: la famiglia di Kostas si trasferisce per lavoro in Germania quando il padre trova lavoro vicino a Druisburg, precisamente a Neukirchen-Vluyn, poco distante dall’Olanda. E’ qui che avviene la sua formazione: impara il tedesco (tuttora non parla fluentemente greco) e comincia a giocare a calcio nelle giovanili del Borussia Monchengladbach. Le potenzialità ci sono: a undici anni ha già esultato 24 volte in 16 partite, poi nelle giovanili la sua prolificità non diminuisce troppo (43 reti, 70 presenze di cui molte solo per pochi minuti) e viene amplificata dalle cinque reti di Kostas contro il suo ex club, il Druisburg. Impossibile dunque, per i fohlen, non inserirlo nel giro della prima squadra: avviene nel 2006. Nella situazione di una Germania multietnica che cercava talento calcistico nei giovani immigrati, ecco che invece a Mitroglou tocca il percorso inverso: è l’Olympiakos che chiama, innamoratosi del ragazzo dopo l’Europeo Under19 del 2007 (tre reti per lui, con la Grecia sconfitta solo in finale dalla Spagna). Kostas, pagato 200mila euro, ha 19 anni quando esordisce con la maglia biancorossa: al termine della sua prima stagione ad Atene (dove egli stesso dichiarerà di aver avuto problemi ad ambientarsi, complice la difficoltà linguistica che ho citato prima) entrerà 7 volte nel tabellino dei marcatori accumulando 18 presenze. Del resto, Kostas non è molto loquace caratterialmente, dunque molti compagni lo etichettano come presuntuoso. Semplicemente, preferisce farsi vedere in campo: contro il Larissa, segna il gol del definitivo 2-1 al 90′ in una partita che il Θρύλος stava perdendo. Nel video lo vedete correre all’impazzata verso i suoi tifosi. Un gol da rapace d’area, da attaccante vero per il modo con cui prende il tempo al difensore che lo stava marcando e col fisico protegge la posizione dove si aspetta che quel pallone arrivi, in modo da aprire il piattone e pensare in che modo esultare al gol. Sembra di una facilità impressionante, non lo è affatto. I suoi tifosi lo chiamano Mitragol, Kostas comincia a prendersi la scena. Tutto facile, direte voi.

E invece no. Perchè l’anno dopo in panchina arriva Ernesto Valverde. L’estate del 2008 sembra gettar via tutto quanto di buono Kostas era riuscito a fare fino ad allora: il 13 agosto, si gioca il preliminare di Champions tra Anorthosis Famagosta e l’Olympiakos. Allenati da Temur Ketsbaia, del quale ho elogiato l’operato parlando dell’Aek in crisi, al minuto 80 i ciprioti sono sul 2-0 quando viene fischiato un rigore per i biancorossi. Dal dischetto si presenta inizialmente Luciano Galletti, ma Mitroglou gli strappa il pallone dalle mani. Vuol calciare lui, vuol prendersi la responsabilità di dimezzare il vantaggio. Del resto, era entrato da poco proprio per dare la scossa in avanti e provare a far partire la rimonta. In fondo, quel penalty se l’era guadagnato lui, per un intervento falloso del portiere avversario Beqaj proprio su di lui. Posiziona la palla dagli 11 metri, prende la rincorsa ma colpisce il palo (minuto 1,50 circa di questo video). Poi l’Anorthosis segnerà anche il 3-0, ipotecando la qualificazione alla Champions. Al ritorno sarà 1-0, rete dell’ex Genoa Belluschi, dunque niente impresa. Mitroglou questa volta era entrato al 46′, più per disperazione che per altro. Sarà una stagione tremendamente travagliata per lui: nuovamente bollato come presuntuoso, Valverde dimostrerà di non essere un suo estimatore (in particolare, il tecnico spagnolo dirà di preferire attaccanti più rapidi). Alla fine della stagione saranno solo 16 le presenze, condite da 3 gol e dalla sensazione che Kostas non fosse poi quel grande attaccante.

Nel giugno 2009, l’Olympiakos però non rinnova il contratto a Valverde (si parla di motivazioni economiche), arriva Ketsbaia. E’ un periodo strano per il club: a settembre se ne va  Ketsbaia a favore di Zico (poi a gennaio sarà il turno di Božidar Bandović). Kostas paga solo relativamente il cambio di tecnico: 9 reti e 6 assist in campionato (26 le presenze) lo rendono il capocannoniere del club e aumentano la sua centralità nel progetto, facendone una pedina fondamentale. Tra l’altro risulta fondamentale anche in Champions League: due reti nei preliminari e altrettante nella fase a gironi. Nell’estate successiva però cambia qualcosa: a Bandović non viene rinnovato il contratto,  sulla panchina siede Ewald Lienen ma solo per un mese, poi ad agosto torna Valverde (che lascerà solo nell’estate 2012). Per Kostas, torna il tecnico mai sopportato. Fino a gennaio, saranno solo pochi scampoli di partita per lui: 5 partite (con una rete alla prima giornata) in campionato, un’apparizione in Kypello Elladas, la Coppa di Grecia. Gli vengono preferiti Kevin Mirallas e Marko Pantelić, e quasi paradossalmente il 14 dicembre 2010 gioca la Partita contro la Povertà al Karaiskakis, come membro dell’Olympiakos All Star, e segna due reti. In tutto, 240 miseri minuti. Troppo poco. Valverde trova il modo di sbarazzarsene nella sessione invernale di calciomercato 2011, quando facendo leva sulla poca funzionalità del giocatore all’interno del suo credo riesce a spedirlo in prestito al Panionios. Dalle parti di Nea Smyrnī, Kostas rinasce. Volendo azzardare un paragone mitologico, tirerei in ballo gli Argonauti. Capitanati da Giasone, il loro viaggio a bordo della nave Argo alla conquista del vello d’oro nella regione della Colchide è un classico della mitologia greca, secondo solo ai due capolavori omerici di Iliade ed Odissea.

Ma come collegare la storia di Mitroglou con loro? Il motivo per cui gli Ἀργοναῦται sono partiti risale a quando Pelia era divenuto re di Iolco dopo aver usurpato il trono al fratello Esone. Il figlio di Esone, Giasone appunto, era pertanto stato chiamato a recuperare il vello d’oro per ottenere la libertà di suo padre e della sua famiglia. In sintesi: Pelia ha spedito Giasone a recuperare il vello d’oro, convinto che l’eroe non sarebbe riuscito a tornare vivo o comunque con l’oggetto del desiderio. Allo stesso modo, ecco che Valverde ha mandato Kostas tra i rossoblù di Nea Smyrnī (comune di poco più di 75000 anime, nella prefettura di Atene) col puro scopo di disfarsene. Se l’attaccante avesse fallito, cosa possibile, allora l’Olympiakos se ne sarebbe poi sbarazzato in qualche modo. Molto probabilmente, Ernesto stesso avrebbe preferito non trovarselo più durante gli allenamenti in settimana: del resto, in 10 occasioni non l’aveva neppure convocato. Lo manderanno via, sarà la sua fortuna. E tornerà, eccome se tornerà, al Pireo.

Il morale della favola? Kostas viene spedito al Panionios che allora era in quindicesima posizione, prepotentemente invischiato nella lotta per non retrocedere (in rosa segnalo, tra gli altri,la presenza di due giovani Dimitris Siovas e Andreas Samaris). Come numero sceglie l’11, per la prima volta in carriera: prima, aveva sempre avuto il 22 all’Olympiakos. Comunque, non è l’abito che fa il monaco. E Mitroglou lo sa perfettamente: all’esordio, contro l’Aris, segna due volte (19′ e 91′) riassaporando la gioia del gol e togliendosi qualche sassolino dalle scarpe. La settimana successiva si ripete nel pari (1-1) contro il Panatinaikos: alla sua marcatura ha poi risposto Djibril Cissé su rigore. Per due giornate lascia le luci della ribalta a Boško Balaban, “limitandosi” all’assist per il croato contro il Kavala. Il 20 febbraio, in casa dell’Aek, segna il gol del pari al minuto 89 (in fondo, quasi un derby per lui), poi 7 giorni dopo si trova di fronte proprio la sua ex squadra ma non viene convocato (in quanto in prestito proprio dal club del Pireo, presumibilmente). Quando torna in campo, comincia un filotto notevole: segna consecutivamente contro Atromitos, Larissa, Iraklis e Kerkyra. In tutto, porta 8 punti al Panionios, che comincia a tirarsi fuori dalla zona calda. Si concede una pausa in occasione degli ultimi due matches, che la sua squadra pareggia contro Panserraikos ed Asteras Tripolis, ma grazie alle sue complessive 8 reti in 11 partite l’Ιστορικός termina undicesimo.

E’ il momento del νόστος, del rientro a casa dell’eroe. Torna alll’Olympiakos, ma il suo posto non è lì. Ha recuperato il vello d’oro dalle parti di Nea Smyrnī, ma non basta. Ad Atene c’è sempre Valverde: Kostas non è gradito. Allora, il vello d’oro si sposta: ora si trova a Peristeri, comune della periferia di Atene che in greco letteralmente vuol dire “piccione”. Mitrogolou nuovamente parte all’avventura, che dal rossoblù del Panionios ora si tinge di blu Atromitos. Sarà una stagione fenomenale per lui: cambia la maglia, questa volta il 23, non la sostanza. Parte bene, nelle prime 5 gare va a segno 4 volte, poi si ripete contro Levadiakos, Ergotelis e Ofi Creta. Ma è nella seconda parte di stagione che Mitroglou esplode: il 5 febbraio entranel tabellino dei marcatori relativo all’1-1 fuori casa contro il Panetolikos, match nel quale viene espulso al 90′. Salta dunque la successiva sfida contro il Kerkyra, poi in 7 turni segna stabilmente: le vittime, in rigoroso ordine cronologico, sono Pas Giannina, Panionios (doppietta nell’1-2 contro l’ex squadra), Doxa Dramas, ancora Doxa Dramas, Levadiakos, Skoda Xanthi ed Ergotelis. Nelle ultime tre partite invece (Paok, Aek ed Olympiakos) Mitroglou non segna: emblematico il fatto che senza di lui l’Atromitos pareggi per 0-0 contro bianconeri e gialloneri e perda 0-2 contro i rossi. A fine stagione, saranno 19 le reti in 38 presenze: vicecapocannoniere di Σούπερ Λίγκα Ελλάδα dietro a Kevin Mirallas. In tutto, oltre 3190 minuti con il Fearless. E poi, fa effetto pensare che 32 punti li abbia garantiti Kostas, con le sue reti, spesso decisive al fine del risultato. Del resto, l’Atromitos termina il campionato al quarto posto, ma a pari punti (5o) col Paok terzo. Lo so che non ha un senso, ma togliendo ai punti complessivi (50) quelli a cui a contribuito il numero 32 (ossia, proprio 32) viene fuori 18. Il che, in quel campionato, avrebbe voluto dire retrocessione. Ah, ultima cosa. Con Mitroglou in formazione, l’Atromitos è riuscito a raggiungere la finale della Coppa di Grecia per la seconda volta consecutiva nella sua storia e il 28 aprile 2012, di fronte all’Olympiacos, se l’è giocata (solo una rete di David Fuster al 119′ ha spezzato il sogno, qui il tabellino se vi interessa). Dulcis in fundo, è stato nominato nella categoria “calciatore dell’anno” nella Super League.

Il secondo vello d’oro è stato riportato in quel del Pireo. Siamo nell’estate del 2012, e Kostas fa parte della spedizione di Fernando Santos in Polonia ed Ucraina, per Euro2012. Sceglie il numero 11, ma entra in campo solo per 19′ nel match che la Grecia ha perso contro la Repubblica Ceca. Torna al Pireo, dal suo Olympiakos, con un biglietto da visita impressionante (in una stagione e mezzo di prestito, 27 reti in 50 partite): qui non trova più Ernesto Valverde, che nel frattempo aveva vinto due campionati e poi lasciato ad aprile ufficialmente per “motivi personali”, bensì Leonardo Jardim. Il 2012/13 sarà agrodolce per Kostas, certamente meno ricco di reti: 20 in 41 partite (di cui 4 in 6 apparizioni in Champions League, anche grazie alle quali il club del Pireo è riuscito quantomeno ad approdare in Europa League). Tuttavia, calcolando la media di reti in base ai minuti giocati, viene fuori un gol ogni 107 minuti circa: questo perché in campionato, ad esempio, su 30 matches solo 10 volte Kostas è entrato in campo dall’inizio, entrando per 15 volte a gara in corso e venendo sostituito in 6 occasioni. Insomma, emerge sempre di più come l’esplosività di Mitroglou sia quasi da preservare. E’ un’annata cominciata col piglio giusto nel precampionato (tre gol), poi la concorrenza dell’algerino Rafik Djebbour ha limitato il suo minutaggio. Due attaccanti diametralmente opposti: fisico e possente il puntero di Kavala, agile e dribblomane il numero 10. Quando quest’ultimo si infortuna, il posto viene preso da Kostas: è il caso ad esempio del match contro l’Arsenal (sconfitta per 3-1, ma provvisorio pareggio ad opera di Mitroglou). Ne consegue che il bomber di Kavala sia sempre maggiormente “dosato”, specie nella seconda parte di campionato quando sulla panchina del Θρύλος sedevano prima Antonios Nikopolidis, ad interim per un mesetto, poi tale José Miguel González Martín del Campo, meglio conosciuto come Míchel. Il 1 settembre 2013, Kostas ha segnato la sua prima tripletta in carriera, nel 5-0 in trasferta contro il Levadiakos dopo tre assist di Fuster. Ha segnato la seconda tripletta la settimana dopo, in una vittoria per 4-0 in casa contro lo Skoda Xanthi, diventando il primo giocatore nella storia dell’Olympiakos, ma anche della Super League, a segnare due triplette consecutive (pur avendo anche anche segnato in una partita con la nazionale, nel mezzo). Sembrava tutto potesse andare per il verso giusto, giacchè nel tempo libero Mitroglou trovava anche l’occasione di infrangere, come detto, qualche record qui e là. Col sopracitato tecnico spagnolo, Mitrogolu avverte finalmente la pressione: gioca spesso, sa che su di lui sono riposte tantissime speranze per quel che concerne la fase offensiva della sua squadra. Lui è così: vuole essere responsabilizzato, pretende fiducia ma ripaga con ottime prestazioni di sacrificio e reti. E’ nella stagione 2013-14 che si concretizza quanto detto. Finalmente, per la prima volta, l’Olympiakos punta moltissime fiches su di lui. Kostas diventa il perno dell’attacco, il puntero, il pivote dell’attacco. La prima parte di stagione la gioca in Grecia, mettendo a referto 17 reti in 19 gare (tra cui una gran tripletta in Champions contro l’Anderlecht al Constant Vanden Stock: “il pistolero colpisce ancora”). . Arriva la grande occasione, la chiamata dallo UK, gli occhi della Premier.

A gennaio, il 31 gennaio 2014, viene ufficializzato l’inizio della sua avventura oltremanica: Inghilterra, la Premier, il campionato più bello, ricco e seguito al mondo, quello in cui trovare gran parte dei migliori calciatori del pianeta. Kostas viene ingaggiato dal Fulham: via dalla Grecia, via dal “suo” Olympiakos per cercare fortuna dalle parti del Craven Cottage. 12 milioni di sterline, dunque 15,2 di euro, è la cifra sborsata dai bianconeri per accaparrarsi le sue prestazioni (il che vuol dire, calciatore greco più costoso di sempre!). Viene descritto come “ready for next big move”, firma un quadriennale a 2,5 milioni a stagione, col gravoso compito di alimentare le speranze salvezza di una squadra in crisi profonda. Salutato Martin Jol, in panchina era seduto René Meulensteen e i Cottagers erano al ventesimo posto. Eppure, sembra che la sorte faccia pagar caro una specie di credito che Kostas avrebbe accumulato negli anni. La punta di Kavala salta le prime tre partite per un infortunio al ginocchio, poi il 22 febbraio esordisce contro il West Bromwich prima di esser sostituito. Una ricaduta gli fa saltare la débâcle casalinga contro il Chelsea, poi finalmente l’8 marzo Kostas riesce a giocare 90′ contro il Cardiff in una partita che il Fulham perde 3-1. La sorte però, evidentemente non paga, decide di mettergli nuovamente i bastoni tra le ruote: sempre un problema al ginocchio lo tiene fermo per 6 partite, 7 con la non convocazione in occasione della sfida tra le proprie mura contro l’Hull City. Il 3 maggio 2014 rientra, in Fulham-Stoke City, ma il clima è di rassegnazione, sconforto, rabbia. Quella rosa (cioè, dateci un’occhiata, davvero) era penultima, a -5 da quello che era ormai il miraggio della salvezza, sfuggita dopo una serie di sconfitte assai impressionante. Il West Brom era ormai lontanissimo, i Cottagers spacciati, il glorioso Craven si preparava mentalmente al salto di categoria. E’ finita 4-1 al Britannia Stadium, comunque. Fallimento totale, su tutta la linea, tutti colpevoli, nessuno escluso: anche Felix Magath, il terzo tecnico dell’annata (arrivato per dare una scossa al defibrillatore, ma il malato era ormai irrimediabilmente deceduto), assai poco responsabile. Anche Kostas, sebbene in pratica sempre ai box, infortunato ma soprattutto sfortunato. Nella giornata del congedo alla Premier, l’11 maggio, finisce 2-2 grazie al pari in extremis di Chris David. Mitroglou rimane in panchina, ad intristirsi. In fondo, il suo score parlava di 3 presenze in metà stagione. In questa foto trovate due righe ufficiali che riportano le prime parole di Kostas in Inghilterra. Probabilmente non avrebbe mai immaginato che potesse andare così male, e in fondo la sua immagine (lo ripeto, calciatore greco maggiormente pagato della storia) ne usciva pur immeritatamente lesa. Kostas aveva fallito. Punto. Nessuna scusante poteva giustificare il suo flop, nemmeno il fatto (sotto gli occhi di tutti) dell’infortunio al ginocchio. Il Fulham era stata una barca piena di falle, mestamente affondata sotto i colpi di ogni veliero incontrato sulla rotta (=ogni squadra con la quale ci si scontrava). E Kostas, se non il capitano di quella sciagurata imbarcazione, era certamente uno dei migliori marinai, uno di quelli da cui ti aspetti certi cambi di rotta quando i venti non sono propizi alla navigazione. Oltre al danno poi, la beffa: l’infortunio al ginocchio ha messo in serio dubbio la sua presenza al Mondiale 2014. 147 i giorni di assenza dal campo per Mitroglou. Interminabili. E Fox Sport lo bollò pure come quarto peggior trasferimento invernale della storia recente della Premier,

In estate, Mitroglou torna in Grecia. Non in vacanza, magari dopo aver sfondato oltremanica, ma da sconfitto. Demagogicamente o no, afferma di esser felice del suo νόστος. Curioso poi come a livello economico il proprietario del suo cartellino restasse il Fulham, che poi l’avrebbe ceduto in prestito al Pireo. In Champions League mette lo zampino nelle vittorie contro Atlético e Malmoe, in campionato segnerà 16 gol in 24 presenze. Segnalo una buona continuità, qualche doppietta, alcuni riposi in via precauzionale e qualche ferita che lo ha tenuto fuori. In ogni caso, Mitroglou sembrava tornato Mitroglou. In Europa League apre le danze per il 2-2 contro il Dnipro, in modo però inevitabile per evitare l’eliminazione. Sarà quel Dnipro che volerà a Varsavia, a contendersi la finale col Siviglia di Emery e la sua cuarta.

Un anno dopo, il 6 agosto, 2015, va ancora una volta in prestito, questa volta al Benfica. Assapora il sapore del Da Luz. 20 reti in 32 presenze in campionato il bilancio della prima stagione. A fine anno, 7 milioni di euro entreranno nelle casse del Fulham. La parentesi al Pireo era conclusa. 81 reti, 20 assist, 183 apparizioni col θρυλος. Facendo un rapido calcolo, ogni 105 minuti Kostas sfornava un gol oppure un passaggio decisivo. E la sua storia con la camiseta delle aguias è ancora da scriversi. Parentesi nazionale. Dopo le giovanili, ha debuttato con la nave pirata, Το Πειρατικό, il 14 novembre 2009 contro l’Ucraina. Ha giocato ad Euro2012, poi anche Brasil2014.

Un tipo imprevedibile, questo Mitroglou. In campo e fuori. Può esultare mimando una pistola, un fucile, una smitragliata. Soprannome: il Pistolero. Come Suàrez. Una volta gli scappò uno sparo sui tifosi avversari del Panthrakikos. Polemiche. Ma i gol cancellano tutto. Gran sinistro, bravo nel gioco aereo. Quando Arsenal e Liverpool si erano interessate a lui, “costa 50 milioni” era stata la risposta dal Pireo.  C’è anche una parte divertente nella storia di Mitroglou: se si cerca con Google Immagini “μητρογλου καγκουρας”, cioè più o meno “Mitroglou coatto” i risultati regalano una serie di fotomontaggi in cui Kostas è photoshoppato su un motorino tipico della Grecia mentre impenna o fa altre cose da coatto o da tamarro. Ci sono due fotografie, poi, che mostrano il lato “καγκουρας” dell’attaccante: in una Mitroglou è vestito come una specie di componente degli ‘N Sync più brutto, nell’altra è effettivamente a cavallo di uno di quei motorini, indossa un cappellino girato al contrario, un gilet smanicato ma con il cappuccio, delle scarpe interamente bianche.

In fondo, con quella barba, potrebbe tranquillamente essere una trasposizione attuale di un personaggio omerico. Le sue avventure, siano esse narrate dai giornali, paparazzate da YouTube o sparse per via orale da qualche aedo di dubbia veridicità, hanno contribuito senz’altro a creare il mito di un giocatore decisamente non comune. Magari non di primissimo pelo, ma quando sei al Da Luz non devi pensare all’estetismo che ben si addice al Barça. Anche una zampata, contro il Dormund in una partita della quale ho parlato nell’esordio di questo pezzo, è sufficiente. Semplicità, o pragmatismo, quella che anni fa Jorge Jesus chiedeva ai suoi, è la parola d’ordine a Lisbona. Dove c’è ancora una maledizione da rompere, si intende. Che la possa rompere proprio lui, questo spilungone così strano? Non mi è dato saperlo, al momento. Dico solo che il νόστος di Kostas è ormai avvenuto, ma forse sarebbe meglio dire di come sia superato. A Lisbona c’è il mare, del resto, a Londra no. Il Da Luz, per calore e afición, ben più assomiglia al Karaiskakis che al Craven Cottage. Stay tuned, perchè Kostas pare finalmente aver trovato la sua dimensione. L’eroe è tornato a casa, per buona pace dei Proci. State tutti all’erta, Mitragol/Mitrogolo è tornato.  “Born to score” lo definisce questo video del 2008. Ah sì, ecco cosa dimenticavo: lo paragonavano a tale Ruud van Nistelrooy. Γεια σου, Κωνστας!

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