Paul Breitner, colui che non si sentiva tedesco ma rese grande la Germania

Segnare nella finale di un Mondiale è un privilegio concesso a pochi, ma farlo in due è merce raririssima. Ci sono riusciti solo Pelé, a segno nel 1958 e nel 1970, Vavà, nel 1958 e nel 1962, Zidane, nel 1998 e nel 2006 e un tedesco che giocava in mediana o come terzino, ma in grado di spingere e attaccare come pochi. Il suo nome è Paul Breitner, un autentico ribelle e leggenda della Germania Ovest.
In un’epoca in cui si andava verso il cambiamento Breitner fu uno dei massimi esponenti e una figura importante non solo in campo. Venne soprannominato “Der Afro” a causa della sua capigliatura folta con ricci e una barba non propriamente curata. Fin da subito iniziò a giocare nel Bayern Monaco e per lui fu decisiva la promozione in prima squadra dell’allenatore Lattek. Il tedesco di origine polacco portò in prima squadra Breitner e Hoeness e modificò il ruolo del mediano bavarese. Paul venne quindi spostato prima nel ruolo di libero, anche se allora in quel ruolo c’era un certo Franz Beckenbauer, e poi divenne il primo terzino sinistro fluidificante della Germania. L’intuizione fu di quelle vincenti e vennero costruite le basi per quello che sarà un Bayern dominante che andrà vincere tre Coppe dei Campioni consecutive.
Dopo solo un anno dal debutto in prima squadra Helmut Schön lo portò già nell’ambito nazionale e nel 1972 fu tra i protagonisti della vittoria dell’Europeo in Belgio contro l’Unione Sovietica, ma il meglio arriverà due anni dopo. La Germania Ovest era l’organizzatrice del Mondiale e partì tra le favorite, anche se l’Olanda di Johann Cruijff sembrò la più forte. Nella finale dell’Olympiastadion di Monaco di Baviera si affrontarono proprio i padroni di casa e gli Orange e dopo un inizio schock con Neeskens che segnò l’1-0 dopo nemmeno due minuti a suonare la carica fu proprio Der Afro. Anche per la Germania Ovest venne fischiato un rigore, ma nessuno voleva andare a calciarlo. La paura di sbagliare in una finale davanti al proprio pubblico era tanta e alla fine a prendere la palla e a posizionarla sul dischetto fu Paul Breitner. Il suo destro lasciò di sasso Jongbloed e fu lo slancio verso il trionfo finale.

Dopo il successo mondiale però decise di andarsene dalla Germania e per tre anni vestì la camiseta blanca del Real Madrid. Qui però fece alcune dichiarazioni spiacevoli e che lo allontarono per sei anni dalla nazionale. Breitner, da sempre comunista convinto, dichiarò di non sentirsi tedesco ma bensì cittadino libero, e così prima Schön e poi Derwall lo accontentarono non chiamandolo più per la Germania Ovest. Dopo il disastroso Mondiale del 1978 e il suo ritorno al Bayern, dopo una brevissima parentesi nel piccolo Eintracht Braunschweig, si iniziò a parlare di un suo possibile ritorno. Intanto l’esperienza spagnola lo aveva ancora migliorato e il ruolo di terzino sinistro era diventato troppo limitante per il suo talento e venne così riportato a centrocampo con la libertà di attaccare. Nel nuovo Bayern diventò determinante formando con Rummenigge un duo fantastico che venne ribattezzato “Breitnigge“. Il 29 aprile 1981, dopo una stagione pazzesca che lo porterà a essere nominato miglior giocatore della Bundesliga e vice pallone d’oro, tornò in nazionale in un amichevole contro l’Austria e nel 1982 andò al Mondiale di Spagna.
La Germania Ovest arrivò ancora in finale ma questa volta arrivò una netta sconfitta contro l’Italia ma negli ultimi minuti, sul 3-0 per gli Azzurri, Breitner accorciò le distanze con un destro che sorprese Zoff entrando così nella leggenda con il secondo gol in due finali diverse. Der Afro non ricorderà mai questo record affermando di aver cancellato la finale di Madrid in quanto sconfitto.

Si ritirerà abbastanza giovane, a 32 anni nel 1983, forse troppo presto, ma lasciando a tutti il ricordo di un grandissimo campione simbolo degli anni ’70. Negli anni successivi diventerà commentatore per la televisione e dal 2007 entrò in pianta stabile nello staff del Bayern come osservatore.
Un vincente nato, uno che non avrebbe mai accettato la sconfitta o che sarebbe stato consolato da un buon piazzamento. Terzino, libero, mediano, trequartista, Paul Breitner fu un simbolo di quella Germania che andava a scontrarsi col calcio totale olandese e che alla fine ne uscì vincente.

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