Stockholm, Friends Arena, 24/05/2017

E’ Patrik Andersson, ex difensore tra le altre di Malmö, Bayern Monaco e Barcellona, l’ambasciatore della UEL Final in programma oggi a Stoccolma. Stockholm. E da buon svedese, oltre che amante del calcio, of course, aveva rivelato di sperare nella presenza di un’icona del calcio mondiale ma specie scandinava. “Siamo onorati di ospitare la finale in un bellissimo stadio: sarebbe bello avere il Manchester United, con Ibra che tornerebbe in patria. Anche il mio ex club, il Borussia Moenchengladbach, ha buone possibilità. Sono una squadra che gioca bene così come lo Shakthar Donetsk che ha dominato il girone”. Era il dicembre 2016, e Andersson chiuse con un breve commento sul movimento calcistico della sua terra: “Stiamo cercando di creare una nuova squadra, una nuova Nazionale sfruttando i giovani che stanno crescendo bene. Molti ragazzi se ne vanno presto dalla Svezia per giocare nel resto d’Europa e questo è importante”. Col senso del poi, si potrebbe dire sia stato altamente profetico.

La location

Mercoledì 24 maggio 2017. Ci troviamo nella Pyramidvägen 2 D, nella municipalità di Solna, comune di poco più di 67mila persone appartenente, manco a dirlo, alla contea di Stockholm. Questa zona è composta essenzialmente da due parti: Råsunda e Solna propriamente detta. La prima aveva poi fornito il nome al Råsundastadion, demolito nel 2012 e oggetto di profanazione da parte di 5000 tifosi svedesi (dell’AIK in particolare) che si erano recati qui con l’obiettivo di recuperare cimeli come seggiolini, zolle d’erba. Questo articolo del popolare quotidiano Aftonbladet risale proprio a quel periodo. Oggi, di quell’impianto che tra le altre cose ospitò la finale mondiale 1958 tra Svezia e Brasile, rimane solo una particolare torre in vetro. Già, perchè il gigante metallico è stato rimpiazzato dalla Friends Arena. Un colosso, il più grande degli stadi nordici e il terzo tra quelli indoor d’Europa. Nationalarenan, il suo nome ufficioso: la denominazione attuale omaggia l’omonima fondazione contro il bullismo nelle scuole, finanziata dall’ente proprietario dei diritti sul nome dell’impianto. Si tratta della Swedbank, dopo un esborso di 153 milioni di corone (17,5 milioni di euro) che varrà il diritto di dar nome all’Arena fino al 2023.

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La partita

Qui, nel cuore pulsante di Solna, questa sera Damir Skomina darà il via alle danze. Che non saranno danze allegre, alla luce della tragedia di Manchester (Axwell Λ Ingrosso hanno deciso di non suonare prima del match). Specie perchè come sapete, oltre all’Ajax, l’altra contendente sarà proprio lo United. E invece, il clima sarà triste e malinconico: un minuto di silenzio disposto dall’Uefa è stato ufficializzato nella giornata di ieri, così come è stato chiarito come la cerimonia pre-partita verrà tagliata in nome del buon senso. Come si fa a festeggiare? A maggior ragione quando è chiaro che la parte red della città inglese, quella capeggiata da Mourinho, non riuscirà a tener certamente la mente libera. Non c’è nemmeno soddisfazione, per noi italiani, a rallegrarci per la rappresentanza tricolore: il quarto uomo designato è stato Rocchi, ma come tutto il resto passa in secondo piano. Sarà una finale triste. La Friends Arena è stata già vestita a festa, ma l’impressione è che la finale di Europa League nella bellissima Stoccolma sia irrimediabilmente macchiata dall’incubo del terrorismo. Quando aveva parlato la presidente del consiglio cittadino della capitale, Eva-Louise Erlandsson Slorach, direttamente da Nyon gli auspici vedevano una serata di gala: “Vi do il benvenuto al sorteggio delle semifinali, ricordo che la finale verrà giocata a Stoccolma il 24 maggio. Ho grandi ricordi dell’amichevole tra Svezia e Inghilterra, decisa da Ibrahimovic e mi auguro che l’infortunio non sia così grave come appare. Sono davvero orgogliosa che sia Stoccolma a ospitare questa finale. Un peccato immenso: sia che Ibra non possa giocare, sia (in misura maggiore) che il terrorismo abbia rovinato tutto.

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Senza Ibra

Non ci sarà poi l’uomo più atteso. Il grande ritorno di Zlatan nella sua Stoccolma, nella sua Rosengård (ma pronunciatela “Rùsengord”, mi raccomando), non avverrà. O meglio, il grave infortunio patito dallo svedese contro l’Anderlecht è stato fatale. Il leone è finito ko, uscendo mestamente dal terreno di gioco: dura vederlo così. Rottura del crociato, diranno poi gli esami, quando la sensazione dominante era quella che in ogni caso Ibra non sarebbe stato lì, sul prato di quella Friends Arena calcata innumerevoli volte con la maglia della nazionale. Ed ecco sfumata così la possibilità di festeggiare un trofeo nella sua patria, nel suo stadio, davanti al suo pubblico. Che poi, i legami di Ibra con la Svezia si erano incrinati ulteriormente nell’autunno del 2014, quando cioè il campione scandinavo aveva deciso di mettere in vendita la sua lussuosissima villa a Malmö. Prezzo tra i 3milioni e 200mila euro, un gioiello incastonato nel quartiere più chic della multiculturale città nella Svezia meridioniale (Fridhem). E così l’ultimo filo che teneva Zlatan alla sua terra natia se n’è andato. L’anno dopo, il 28 settembre 2015, aveva affittato l’intera piazza principale di Malmö, Stortorget, piazzandovi al centro un maxischermo cosicchè i suoi concittadini potessero vedere la partita dopo che i biglietti per la sfida contro il Psg alla Swedbank Arena andarono sold-out. Nel novembre 2016, dopo il suo addio alla nazionale, la Federcalcio svedese ha omaggiato Ibra con un’immensa statua a Stoccolma proprio dinanzi alla Friends Arena. Se però il legame con Malmoe è stato tranciato, dunque, lo stesso non si può dire a proposito di Stoccolma. In un intervista al quotidiano Dagens Nyheter, Zlatan si era confessato: “Voglio vivere in Svezia, voglio che i miei figli conoscano le tradizioni svedesi dal momento che hanno sempre vissuto all’estero. Ma non tornerò a Malmoe, forse a Stoccolma: è più grande, ci sono più possibilità, ed è più facile muoversi”. Detto, fatto: pochi giorni dopo ecco la notizia dell’acquisto di una chiesa sconsacrata (Östermalm) situata nell’isoletta più signorile della Venezia del Nord. Sarebbe diventata una lussuosissima casa per la famiglia Ibrahimovic.

Tra l’altro la semifinale Ajax-Lione, nella stagione 2002/03 fu una delle partite a mettere in luce Zlatan Ibrahimovic a livello europeo. Tutto questo sarebbe stato magnificamente organizzato dal Destino, come ricordavamo noi di Footbola qualche tempo fa.

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Senza John / 1

Ultima azione di Manchester United-Celta. Siamo nei minuti finali, Roncaglia ha pareggiato all’86’, il clima è tesissimo perchè con un altro gol passerebbero Os Celestes. Poco dopo si accende una rissa, espulsi proprio El Torito e il difensore avversario Bailly, ancora dopo viene annullato un gol ad Ander Herrera. Mourinho si chiude, entra Smalling per Rashford, Berizzo si sbraccia per l’ultimissimo assalto. Nell’ultimo minuto dei sei di recupero, accade l’impossibile. Il Celta continua a buttare la sfera avanti praticamente a caso, e per le leggi matematiche dei grandi numeri una volta è quella buona. Beauvue riceve e con un cross teso pesca Guidetti. John è cresciuto nelle giovanili degli odiati rivali dello United, i citizens, e dopo una settimana di polemiche contro i red devils ha la palla buona per far male. La sfortuna però vuole che il 9 controlli malissimo e il pallone gli rimbalzi addosso prima di esser spazzato da qualcuno. Il direttore di gara fischia tre volte, Celestes a casa e Mou in finale. Iago Aspas è in lacrime. John sta rannicchiato, accucciato, fermo immobile in quella area di rigore dove in teoria sarebbe letale. Stavolta non lo è stato, il Destino si è preso gioco di lui sbeffeggiandolo in malo modo. E Guidetti, incapace di reagire e frastornato da una botta psicologica tale, non può darsi pace: semmai, cerca di non farsi vedere dai suoi tifosi, al pari di uno struzzo che nasconde il proprio capo sottoterra. Poteva mandare all’inferno i Diavoli Rossi. Poteva fare in modo che l’Old Trafford fosse davvero il suo Teatro dei Sogni.

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Senza John / 2

L’arbitro fischia. Tre volte. Tre fischi che tranquillizzano l’intera metà rossa di Manchester. Che sofferenza. Ad un passo da Romero, Guidetti aveva mancato l’appuntamento con un pallone solo da spingere in porta per spingere a sua volta il Celta Vigo in finale di Europa League. La triste foto che trovate qui sopra è l’emblema di una serata storta. E pensare che aveva sperato di giocare contro Ibra la semifinale: “Sono molto dispiaciuto di non poter giocare contro di te. Sarebbe stato un sogno per me, aspetto questo momento da quando sono bambino. Spero e so che tornerai presto e ti auguro il meglio in vista del tuo recupero”. Quantomeno, il popolo svedese poteva sperare che almeno un connazionale fosse per forza di cose in finale. O John col Celta, o Zlatan con lo United.

Le parole di Guidetti pronunciare al sito della Uefa, adesso, andando a ritroso, sono da prendere con le pinze. “In football, strange things happen if you believe. And I think with the mentality we’ve built here, nothing is impossible. We may be a small club and a team that others don’t take much notice of, but we also know how good we are. That’s why we’ve beaten Barcelona two years in a row. We knocked Real Madrid out of the Copa [del Rey], we’ve beaten Atlético Madrid. We’ve shown that we are a good team”. Capitano cose strane, John, peccato che proprio tu non sia riuscito a capitalizzare quell’occasione colossale. L’atmosfera a Vigo era caliente: “You can also see in the city that people walk around with a smile on their faces. Whoever you meet, they’re always incredibly proud of you and supporting you, whether by honking their car horn or shouting “Vamos!”. E non solo: la dose era stata paurosamente rincarata. “It would be like a fairy-tale ending to be at the Friends Arena, in my home town Stockholm. It would be great for a Stockholmer to get the opportunity to step onto the pitch, but it has to be earned. Of course, it’s very sad what happened to [fellow Swede] Zlatan [Ibrahimović, who will miss the remainder of the tournament through injury]. With how much he has meant for Swedish football, he has also earned the right to play in the final at the Friends Arena. Unfortunately he is unlikely to be able to play, so I wish him a speedy recovery. We’ve made history [by reaching the semi-final] and it’s something that might never happen again in Celta’s history, so I’m just trying to enjoy this moment. We don’t want it to end here. Hopefully we’ll make it to Stockholm and half the stadium will be blue. That would be a dream come true”.

Era il 15 aprile 1992. A Stoccolma, quel giorno, nasceva John Alberto Olof Guidetti: da genitori entrambi svedesi, ma se la madre è originaria dello Svealand, la parte paterna rappresenta un melting pot tipicamente scandinavo. Lo stesso Ibra è nato a Malmö da genitori emigrati jugoslavi (padre bosgnacco, madre croata). Il nonno di John era italiano, la nonna paterna svedese e brasiliana. E sebbene John sia cresciuto in Kenya, il suo legame con Stocholm è forte. Tant’è che lui stesso, ai microfoni della Uefa, si è definito orgogliosamente uno “stockolmer“. Peccato che, questa sera, non ci sarà lo stockholmer in campo.

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Avvertenza 

Che sia una buona partita. Noi di Footbola ve lo auguriamo. Che in tutta questa tristezza ci sia un motivo per sorridere: non eccessivamente, nel rispetto luttuoso della morte e della pazzia umana, ma che quantomeno resti una partita di calcio. Una finale. A prescindere dal fatto che la si senta più o meno, resta una grande serata per Stoccolma, per la Uefa, per l’Europa League, per l’Ajax, per il Manchester United, per il calcio, per tutti gli appassionati che staranno incollati ad uno schermo. Le stime son fatte: 160 milioni in tutto il mondo, 50mila dentro la pancia della Friends Arena. Che sia una buona partita e che, soprattutto, trionfi il calcio. Buona serata da noi di Footbola e da Matteo Albanese. Bra fotbollsmatch på Friends Arena! Stockholm är klar, vara så även dig!Njuta av showen, eftersom det kommer att bli en stor fotbolls kväll! Ha en bra kväll. Vi ses snart!

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