La storia di David Bentley tra calcio e anticonformismo

Il calcio è strano, David Bentley di più. La storia del centrocampista definito come il nuovo Beckham non si è conclusa – calcisticamente – nel migliore dei modi. Percorsa da un’esperienza travagliata, stravagante e sotto certi punti di vista anticonformista, una delle meteore del calcio inglese (classe ‘84) non gioca più. Eppure fa strano, sentire che il nuovo David Beckham si è ritirato a 29 anni quando le qualità e i riscontri ci sono stati. Questa è la storia di uno dei tanti talenti andati in fumo nel mondo del calcio.

Bentley cresce a cavallo tra Inghilterra e Belgio e viene osservato dall’Arsenal che lo prende sotto la propria ala protettiva a 13 anni. Con i miti di Cantona e Gascoigne, nella prima squadra dei Gunners totalizza solo 9 presenze prima di passare al Blackburn. Ai tifosi dell’Arsenal rimane solo un goal sublime in FA Cup contro il Middlesburgh.

Tra problemi di gioco d’azzardo (arrivò a 100 puntate a poker in un anno) e il mondo del calcio, nel 2006 Stuart Pierce lo chiama in Nazionale Under 21. L’ex Gunner tuttavia dichiara apertamente che si ritiene troppo stanco per giocare 60 partite in una sola stagione. E’ putiferio. Pierce cerca di sensibilizzarlo (a modo suo) paragonando il suo lavoro con quello dei soldati in Afghanistan. Bentley non la prende bene e si giustifica di essere stato semplicemente onesto. Forse un primo segnale, che il calcio non faceva per lui.

Nonostante tutto Capello gli da fiducia e lo convoca l’anno dopo con la Nazionale maggiore. Con il leggendario allenatore ex Juve, Bentley ne combina di cotte e di crude. Un esempio? Gli Hamburger ordinati dal McDonald in hotel, all’ insaputa di Capello che aveva severamente vietato qualsiasi tipo di pasto dopo cena. Con lui, come partner in crime, c’era Jimmy Bullard.

I due non lasciano Capello in pace. “Con Bents – disse Bullard per il Mirrorritenemmo che il mister fosse simile al Postino Pat del celebre cartone animato. Inventammo un gioco: quello di urlare più forte “Postman Pat” ogni qualvolta passava. Bents un giorno glielo urlò in faccia aggiungendo anche “e il suo gatto bianco e nero!”, fuori di testa”.

Bentley e il Tottenham

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(Photo credit PAUL ELLIS/AFP via Getty Images)

La sua avventura al Tottenham, iniziata su consiglio di Capello, non va nel migliore dei modi. Dopo la vittoria per 1-0 contro il Manchester City nel Maggio 2010 che conferisce l’accesso in Champions del Tottenham di Redknapp, Bentley fu convinto a lanciare un secchio di acqua gelata sul tecnico degli Spurs. Quello scherzo si rivelò poi essere stato di cattivo gusto, a detta proprio di Redknapp che si rivelò ad Absolute Radio: “Non mi sentii pienamente rispettato ad essere sincero”.

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In campo Bentley non trova spazio, fatica a emergere nelle trafile degli Spurs e i rapporti con la società si inaspriscono. Viene multato per essere stato paparazzato ad un concerto dei Kings of Leon: “Li avevo visti a Camden prima che fossero famosi e li amassi. Alla fine li ho incontrati e sono finito per una serata fuori con la band. Ma non ti sto parlando di quella notte – rock’n’roll!”. La multa però non gli impedisce di vincere 15 mila sterline per una scommessa con il suo agente. Quale? Beccare un cassonetto dal tetto della sede della Red Bull.

Nella carriera del “nuovo Beckham” qualcosa è andato storto, qualcosa si è rotto. Dopo il 2013 non è stata più la stessa cosa, tant’è che a 29 anni, lasciare il calcio per aprire un ristorante a Marbella, non è la scelta che compiono tutti i giocatori professionisti. Tuttavia noi italiani, nel bene o nel male, ricorderemo sempre Bentley Beckham. Come? Con questo goal da punizione nel 2007, per la qualificazione agli Europei Under 21. Nell’Italia giocavano ragazzi del calibro di Chiellini, Giuseppe Rossi, Pazzini e tanti altri.

Con una carriera passata in Inghilterra e con un’esperienza in Russia, Bentley Beckham non rimpiange nulla. Il calcio non faceva per lui, sicuramente, ma non è di certo il primo calciatore nella storia ad ammetterlo. Al Mirror l’ex Arsenal si rivelò a carriera finita: “Mi sono stancato di tutto ciò che ne consegue, le persone vogliono che ti vendi senza alcun ritegno. Mi manca il periodo delle giovanili, dove vincevi con tutti: tua mamma e tuo padre che ti guardavano dagli spalti, i tuoi compagni che festeggiavano con te, quello era stupendo”.

 

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