Nagelsmann, l’eroe dell’Hoffenheim torna a casa da avversario

L’Hoffenheim gli ha dato la possibilità di allenare in Bundesliga a soli 28 anni, forse per disperazione, forse perché credeva veramente nella sue idee nonostante l’età. Julian Nagelsmann ha preso in mano la squadra nel momento peggiore, quando era in zona retrocessione, e in due stagioni l’ha riportata in Champions League, creando una rosa unita e talentuosa.

E domani, a 33 anni ancora da compiere, l’allenatore tedesco ritornerà alla Rhein-Neckar-Arena, lo stadio che l’ha reso grande. Ma ci ritornerà da avversario, alla guida di una delle squadre più forti degli ultimi anni di Bundesliga, il Lipsia, che ha preso il posto dell’Hoffenheim non solo in classifica, ma anche come squadra più odiata di Germania, a causa degli ingenti investimenti del gruppo Red Bull che l’hanno rapidamente portata ai vertici del calcio tedesco. Nagelsmann però non ha mai preteso di spendere cifre ingenti per il mercato, perché ha sempre preferito possedere giocatori funzionali alla sua filosofia di gioco.

Nei 3 anni e mezzo della sua gestione infatti il ricchissimo proprietario Dietmar Kopp ha dovuto spendere appena 80 milioni di euro, benché il club abbia raggiunto piazzamenti altissimi per due anni di fila. Il primo anno di Nagelsmann alla guida del Hoffenheim fu però tutt’altro che semplice: subentrato l’11 febbraio a Huub Stevens, aveva il durissimo compito di salvare una squadra in piena zona retrocessione a 14 giornate dalla fine del campionato. L’allenatore tedesco, che diventò anche il più giovane della storia della Bundesliga, condusse la squadra a un insperato 15esimo posto e venne riconfermato anche per l’anno successivo. In estate arrivarono Kramaric, Wagner e Demirbay, che insieme al talentuoso centrale Sule si rivelarono fondamentali per il quarto posto finale, ottenuto con il terzo miglior attacco del campionato e con la seconda miglior difesa. Un piccolo miracolo sportivo per quella che fino a quel momento era stata una realtà quasi insignificante del calcio tedesco, ma il meglio doveva ancora venire. La stagione 2017-2018 non iniziò nel migliore dei modi, con l’eliminazione ai play-off di Champions League, ma dopo un campionato equilibratissimo (almeno per la corsa alla Champions League) i tifosi dell’Hoffenheim poterono festeggiare uno storico terzo posto, tutto merito di Nagelsmann e delle sua capacità di sfruttare l’intera rosa a disposizione.

Purtroppo la magia dell’allenatore di Landsberg am Lech era finita. L’ambizioso Lipsia aveva formalizzato già a settembre il suo ingaggio a partire della stagione successiva e l’ultimo anno con l’Hoffenheim si concluse con un discreto nono posto, non in linea con le alte aspettative della tifoseria, anche se la squadra propose un gioco rapido, fatto tutto di verticalizzazioni e pressing alto.

Nell’estate del 2019 era tempo che Nagelsmann firmò con il Lipsia, una squadra giovane, talentuosa e ambiziosa, proprio come il suo Hoffenheim. Sostituire Ragnick, vero fautore della straordinaria crescita calcistica della squadra, non sarebbe stato facile, ma fino ad ora l’avventura del giovanissimo allenatore tedesco è stata eccellente: il suo modo di vedere il calcio si è perfettamente integrato nella realtà Lipsia, creando un gruppo unito e con l’unico obbiettivo di vincere giocando un calcio moderno e ultradinamico, ugualmente attento alla fase difensiva e offensiva.

Domani questo calcio verrà riportato nello stadio che per primo ha potuto ammirarlo. Una Rhein-Neckar-Arena tristemente vuota accoglierà il tecnico che più di tutti è rimasto nei cuori dei suoi tifosi. Inoltre l’improvviso e inaspettato addio di Schreuder rischia di complicare ulteriormente la già complessa qualificazione alla prossima Europa League: a quattro giornate dal termine della Bundesliga infatti l’Hoffenheim si trova in settima posizione, ad appena 2 punti dal sesto Wolfsburg, anche se in tutto l’arco della stagione la squadra non è mai riuscita a esprimersi con costanza, come se fosse irrequieta, sintomo che l’addio di Nagelsmann si è fatto sentire e si farà sentire ancora a lungo. Il suo modo di gestire il gruppo, come se si instaurasse una vera e propria amicizia fra lui e i suoi calciatori, e il suo studio maniacale delle tattiche avversarie sono caratteristiche che pochi altri tecnici possiedono.

E a Hoffenheim lo rimpiangono ancora, mentre a Lipsia, con lui in panchina, possono permettersi di sognare in grande.

Federico Zamboni

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